Il progetto digitale di Grillo e Casaleggio e la scuola virtuale

«Indizi consistenti inducono a ritenere che il “sogno digitale” coltivato da Beppe Grillo e dai due Casaleggio (padre e figlio) si stia realizzando. Grazie alla pandemia da coronavirus il mondo reale sta sempre più cedendo terreno a quello virtuale, e scuola e università ne rappresentano esempi molto significativi». Un severo professor Marsonet.

La ministra sotto esame

La ministra Lucia Azzolina sta lodevolmente promuovendo l’educazione civica, materia importante ma assai trascurata negli ultimi decenni. Non si tratta però dell’insegnamento cui eravamo abituati, bensì di un’educazione civica volta a diffondere la “cittadinanza digitale”, anche se non si capisce bene quale sia il significato dell’espressione.
Negli atenei molti nuovi rettori verranno eletti, per l’appunto, digitalmente. Scomparse le vecchie campagne elettorali in cui i candidati si recavano di persona nei dipartimenti e nelle facoltà, ora chi si candida si muove soltanto su piattaforme virtuali.
Ovvio che, in un contesto simile, risulta più difficile per un candidato spiegare ai docenti il suo programma, e più difficile è per chi deve dare il voto decidere quale sia il candidato rettore più convincente. Il dialogo, sulla piattaforma, è ben diverso da quello che si può intrattenere nella realtà vera.

Anno accademico ‘blended’

E non basta ancora. Pare che anche nel primo semestre dell’anno accademico entrante si procederà con una didattica “blended”, usando il solito – e ormai inevitabile – anglicismo. Significa che gran parte di lezioni, seminari ed esami continueranno a tenersi online, anche se gli studenti non danno segno di gradire molto la soluzione.
Com’è ovvio, pure la stragrande maggioranza di impiegati e funzionari amministrativi continueranno il cosiddetto “smart working” standosene comodamente a casa. Andate in un qualsiasi ateneo e vedrete che gli uffici di supporto all’attività di docenti e studenti sono, quasi tutti, rigorosamente sbarrati.
Qualcuno ha ipotizzato che, visto l’andazzo, molti studenti se ne andranno per iscriversi alle tante università telematiche sorte come funghi negli ultimi anni. Università telematiche che, non a caso, stanno inondando i programmi radio e tv di inserti pubblicitari.

Lauree telematiche dottori virtuali?

Come criticare gli studenti che faranno una simile scelta? Magari gli atenei telematici non assicurano lo stesso grado di formazione. Tuttavia sono nati proprio con lo scopo di fare didattica online e, almeno lì, si può essere sicuri di ricevere un servizio adeguato.
Il trend, tuttavia, si sta diffondendo in ogni campo. Forse avremo una enorme Piattaforma Rousseau e, collegandoci ad essa, potremo fare proprio tutto. Lavorare senza andare in ufficio, votare in ogni tipo di elezione con un semplice clic sulla tastiera, ed evitare il fastidio dei contatti fisici con il prossimo che – si sa – causano ansia e guai a non finire.
Lo spettro di Orwell, insomma, si aggira nella Rete sempre più sicuro di sé, e c’è già chi loda la Repubblica Popolare Cinese per la sua capacità di garantire il controllo sociale grazie all’uso senza limiti dell’Intelligenza Artificiale e degli algoritmi.

Sarà democrazia virtuale?

Ma è un futuro che spaventa, poiché implica una diminuzione delle nostre libertà individuali e il capovolgimento della realtà empirica a favore di quella virtuale. L’isolamento “connesso” potrebbe davvero essere il nostro destino, a meno che i cittadini si sveglino rifiutando questa forma di distopia.

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