L’Italietta dove i diritti umani valgono meno di un semaforo

Recentemente mi ha colpito la lucidità di Zerocalcare nel raccontare l’Italietta del dopo quarantena, l’abbrutimento dell’uomo qualunque vessato e perculeggiato dal potere (economico, politico, poliziesco), le approssimazioni dei media che mai centrano una narrazione significativa della realtà, i bizantinismi della politica impegnata nel balletto della dipendenza dalla ferocia del potere economico e in ostaggio della stupidità dell’uomo qualunque scatenato televisivamente dietro i vessilli di un populismo di paraculi.

Nel suo ultimo intervento racconta di come, mentre nel mondo esplode la rivolta contro le ingiustizie del sistema, contro il razzismo che ne rappresenta l’intelaiatura, e contro l’arroganza del potere, in Italia si cincischia sul niente. Tra mille distinguo. In particolare l’attenzione è su dove e che cosa hanno saccheggiato i rivoltosi.

Mai una riflessione sulle cause, sempre quel moralismo da editorialisti con la cifra ricamata sulla camicia, pronto a puntare l’indice contro i poveri che non sanno comportarsi, neanche nel momento di una rivoluzione. Come se ogni cosa che viene da oltreoceano fosse per le nostre firme più prestigiose qualcosa da trattare con i guanti. Sempre e comunque.

Per esempio la violenza. Sempre al centro della narrazione da cronaca nera dei media. Come se tutto fosse violenza. Come se lanciare una pietra, bruciare un compressore, spaccare una vetrina, danneggiare proprietà privata fossero reati violenti al pari di uccidere un uomo disarmato, pestare chi protesta, ammazzare un lavoratore in nero, schiavizzare povere donne, sfruttare bambini, far morire di fatica nei campi i lavoratori, uccidere i diritti degli esseri umani, privandoli di dignità.

Insomma, è come se distruggere beni materiali fosse più significativo di ferire esseri umani. Un vetro spaccato crea più allarme sociale di un sistema mafioso di ricatti e schiavitù nel mondo del lavoro. Un paradigma che stiamo vedendo adesso nei confronti degli Stati Uniti, ma che è attivo nelle menti e nei cuori dei proprietari della libertà di stampa da decenni. Ogni volta sono state oscurate le ragioni della protesta per esaltare sparute azioni contro oggetti. Perché? Non vi sembra una follia informativa? Per caso le basi su cui si poggia la società sono i rapporti di proprietà e non i diritti umani?

Sì, in fin dei conti è così. Innegabilmente. Non si può dire, ma la vita delle persone conta meno del profitto, della produzione o distribuzione delle merci. E infatti le merci possono viaggiare ovunque e le persone no. Se sono povere no. Insomma, accettiamo un mondo di ingiustizie radicate, senza battere ciglio. Pronti a commuoversi per qualche caso mediatico, ma mai pronti a capire le basi della vita in una società civile.

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