
Il premier Olof Palme era appena uscito dal cinema «Grand» con la moglie quando, alle 23,21 del 28 febbraio 1986, qualcuno gli sparò un colpo alla schiena. Palme morì dissanguato sul marciapiede. Da allora l’omicidio dell’uomo che ha costruito il mito svedese del welfare e dell’uguaglianza era rimasto irrisolto, nonostante 10.000 interrogatori, 134 mitomani rei confessi, un colpevole – poi scagionato – e 250 metri di documenti e reperti del dossier Palme che riempiono un’intera stanza del Tribunale di Stoccolma.
Nel 2016, 30 anni dopo l’assassinio irrisolto, la riapertura del caso. Mossa più politiche che per speranza di giustizia. E dopo altri 4 anni di rilettura di indagini, la verità più comoda: la Procura di Stoccolma fa il nome del killer, Stig Engström, estremista di destra morto suicida nel 2000 a sessantasei anni. Caso archiviato per morte del colpevole. Movente, l’odio verso il suo impegno contro il razzismo. La chiusura improvvisa delle indagini esclude la possibile pista internazionale. Ed è la parte che solleva maggiori dubbi.
Engström fu interrogato alcune volte dalla polizia già nel 1986 come testimone dell’omicidio dal momento che aveva assistito all’accaduto. Ma allora mai inquisito. Alcune inchieste giornalistiche negli ultimi anni erano tornate a occuparsi del ruolo di Engström ma nulla lasciava prevedere una svolta abbastanza sorprendente. Gli inquirenti si sono limitati a sottolineare che Engström possedeva un revolver simile a quello usato nell’omicidio, era alcolizzato e sapeva usare molto bene le armi da fuoco.
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La Svezia si prepara a riaprire l’inchiesta sull’assassinio irrisolto del carismatico premier Olof Palme, avvenuto 30 anni fa. Il procuratore capo di Stoccolma, Krister Petersson, sarà a capo della nuova indagine. Palme fu colpito nel 1986 da un ignoto sparatore mentre usciva da un cinema di Stoccolma con la moglie e morì dissanguato sul marciapiede. Nel corso delle indagini furono interrogate 10mila persone. In 134 si autoaccusarono dell’omicidio. Il compito di Petersson si preannuncia immane: il dossier Palme occupa 250 metri di scaffale. L’inchiesta sull’omicidio Palme riaprirà a febbraio e Petersson ha dichiarato alla stampa svedese che tenterà di risolvere l’omicidio e che è ottimista. “Mi sento onorato e accetto la missione con grande energia” ha detto in una nota.
La pista italiana, 1990
“L’ ipotesi di un coinvolgimento di Licio Gelli nell’ omicidio di Olof Palme, il premier svedese assassinato a Stoccolma alcuni anni fa, è stata avanzata dal quotidiano Dagens Nyheter. Nell’ articolo, firmato da un giornalista allora molto noto in Svezia, Olle Alsen, si ricordava l’ esistenza di un telegramma che parrebbe compromettere il capo della P2. Alsen riferì, inoltre, che l’ Fbi starebbe indagando sull’omicidio Palme attribuendo l’informazione ad una ex collaboratrice di Ronald Reagan, Barbara Honegger. Nel suo articolo, Alsen ricorda che la Honegger ha scritto, in un libro intitolato ‘October Surprise’, di avere saputo che Gelli il 28 febbraio 1986, tre giorni prima dell’ assassinio, aveva inviato un telegramma a un esponente dell’ amministrazione americana in cui si affermava: “Dite al vostro amico che l’ albero svedese sarà abbattuto”. Un portavoce della commissione d’ inchiesta ha commentato che “la pista italiana è di estrema rilevanza”.
Olof Palme, un caso ancora aperto
La ricostruzione su ‘Il Fatto’ del 27 febbraio 2013, di Enrico Fedrighini. «Washington, 25 febbraio 1986, martedì. Philip Guarino, esponente del Partito Repubblicano molto vicino a George Bush senior, rilegge il messaggio che gli è stato appena recapitato; un telegramma inviato da una località remota del Sud America, una sorta di codice cifrato: «Tell our friend the Swedish palm will be felled». La firma è di un italiano, Licio Gelli, vecchia conoscenza di Guarino; alcuni anni prima, avevano entrambi sottoscritto un affidavit a favore di un finanziere, Michele Sindona dichiarandolo brava persona e non esponente mafioso. “Informa i nostri amici che la palma svedese verrà abbattuta”. Curioso: in Svezia non crescono le palme». Il telegramma attribuito a Gelli sarebbe stato in realtà inviato dal Sud America da Umberto Ortolani anche al gran Maestro della loggia massonica P2 Licio Gelli. Il testo parla di ‘palme’, che una dizione popolare di ‘albero’, con un possibile doppio significato evidente.
‘L’albero svedese sarà abbattuto’
Il quel 1986 l’Onu aveva affidato a Olof Palme il delicato incarico di arbitrato internazionale fra Iraq e Iran, in guerra da sei anni. Una guerra sanguinosa e sporca, un crocevia di traffico d’armi e operazioni coperte. l’Iran sta ricevendo segretamente forniture di armi attraverso una rete formata da pezzi dell’apparato politico/militare Usa; i proventi servono anche a finanziare l’opposizione dei Contras in Nicaragua. Ma c’è qualcosa di più grave che sta emergendo, di più spaventoso: la rete che fornisce armi all’Iran sembra agire ed avere strutture operative ramificate all’interno di diversi Paesi dell’Europa Occidentale. Anche nella civilissima Scandinavia. Quella sera del 28 febbraio 1986, Palme è a Stoccolma, all’uscita dei cinema dove era andato con la moglie, quando un’ombra nel buio si avvicina alla coppia e spara due colpi alla schiena dell’ex primo ministro.
Il colpevole che non convince
Per l’omicidio Palme viene condannato in primo grado nel 1988 un pregiudicato, Christer Patterson, prosciolto poi in appello del 1989 per mancanza di prove. Il 15 settembre 2004, Patterson contatta Marten Palme, il figlio dell’ex premier ucciso: desidera incontrarlo, ha qualcosa di importante da confidargli sulla morte del padre. Il giorno dopo, Patterson viene ricoverato in coma al Karolinska University Hospital con gravi ematomi alla testa. Muore il 29 settembre per emorragia cerebrale, senza mai aver ripreso conoscenza. Nell’aprile 1990 il quotidiano svedese Dagens Nyheter rivela la notizia del telegramma inviato da Licio Gelli a Guarino nel 1986, tre giorni prima dell’omicidio Palme. Tante, troppe vicende oscure attorno a quel delitto che aveva colpito il mondo.
L’inchiesta Cia-P2 del Tg1
Ancora Enrico Fedrighini. «Contattando i colleghi svedesi un giornalista del TG1, Ennio Remondino, rintraccia e intervista le fonti, due agenti della CIA che confermano la notizia del telegramma, rivelando anche l’esistenza di una struttura segreta operante in diversi Paesi dell’Europa occidentale denominata Stay Behind (nella versione italiana, Gladio), coinvolta da decenni in traffici d’armi ed azioni finalizzate a “stabilizzare per destabilizzare” (la ‘strategia della tensione’ detta in linguaggio più elaborato). L’intervista con uno dei due, Dick Brenneke, viene trasmessa dal TG1 nell’estate 1990 e provoca la reazione furibonda di Cossiga, il licenziamento in tronco del direttore del TG1 Nuccio Fava e il trasferimento di Remondino all’estero come inviato sui principali fronti di guerra».
Quella dannata estate 1990
Fonte, Repubblica luglio 1990. «I carabinieri nella redazione del Tg1 in via Teulada non c’ erano mai stati. Sono arrivati alle 13,30 di ieri. Accompagnavano l’ inviato speciale del telegiornale Ennio Remondino. Il giornalista stringeva nelle mani un decreto di sequestro, appena firmato dal giudice istruttore Francesco Monastero, per la documentazione raccolta in un secondo viaggio negli Stati Uniti. Per tutto il pomeriggio il giornalista ha svuotato i suoi armadi, firmato uno ad uno, i fogli (circa un migliaio) che, secondo l’ ex-agente della Central Intelligence Agency Richard A. Brenneke, dovrebbero confermare quel che ha dichiarato proprio a Remondino in un’ inchiesta del Tg1 sull’ omicidio di Olof Palme».
Cossiga – Andreotti
Sempre Repubblica. «Fin da venerdì, con una telefonata di un ufficiale dei carabinieri del Nucleo antiterrorismo, il magistrato aveva convocato a Palazzo di Giustizia il giornalista. Alle 10,30 in punto, Remondino era nell’ ufficio del giudice istruttore, dove, alla presenza del pubblico ministero Elisabetta Cesqui, è stato interrogato per tre ore. Ha spiegato tutti i passaggi, gli incontri, i contatti avuti negli Stati Uniti in un secondo viaggio che doveva ulteriormente confermare le conclusioni delle prime quattro puntate dell’ inchiesta del Tg1 mandata in onda tra gli ultimi giorni di giugno e i primi di luglio. Una inchiesta che è diventata arroventato terreno di una polemica politica che ha visto scendere in campo addirittuta il presidente della Repubblica. Cossiga, in una lettera ad Andreotti, ha chiesto o l’accertamento di verità così clamorose o la punizione dei responsabili di un’ informazione intemerata».