
Zaia paragona questi filoni di pensiero ai negazionisti dei campi di concentramento. “Chi nega la Shoa commette un reato”, afferma. E lascia intendere di essere favorevole a qualche paletto legale anche per chi diffonde teorie astruse come il fatto che la terra è piatta o come il fatto che il virus è inventato per soggiogare la popolazione mondiale. “Io sono per il libero pensiero – chiarisce – ma c’è un limite oltre il quale non si può andare”.
Zaia sembra volersi riferire al movimento dei gilet arancioni, il cui capo, il generale Pappalardo, ha sostenuto in un’intervista al Corriere che il virus è un’invenzione e che basta un antibiotico per debellarlo. «C’è chi nega la pandemia da Coronavirus, serve una legge per chi nega evidenze? “Io sono per la libertà di pensiero, ma c’è un limite oltre il quale non si può andare. Chi nega cose come i campi di concentramento commette un reato, punto».
In Lombardia, abbiamo visto, è polemica fra sanità pubblica e privata. Le dichiarazioni del primario di rianimazione del San Raffaele contestate dai colleghi: «E’ vero, da giorni ricoveriamo pochi malati in terapia intensiva. Ma è l’effetto del caldo e del distanziamento». Utile ricordare la virologa Maria Rita Gismondo dell’ospedale Sacco di Milano che a fine febbraio assicurava che il coronavirus non fosse altro che una banale influenza. Allora e oggi Zangrillo, anziché rassicurare mettono in allarme i colleghi e creano scompiglio tra la popolazione.
Tra i negazionisti del coronavirus, un nome salta all’occhio: è quello di Stefano Montanari, farmacista e direttore scientifico del laboratorio Nanodiagnostics di Modena e guru degli antivaccinisti. «Non c’è un aumento di mortalità a causa del coronavirus. Stiamo parlando del nulla: i morti per coronavirus sono tre», sostiene Montanari in un’intervista al canale Byoblu. Insomma, dopo i negazionisti dell’Olocausto, arrivano i negazionisti del coronavirus. E poi c’è la virologa Maria Rita Gismondo dell’ospedale Sacco di Milano che a fine febbraio assicurava che il coronavirus non fosse altro che una banale influenza. E che negano quello che è sotto gli occhi di tutti.
La pandemia di coronavirus –lasciamo gli eroi della sanità pubblica a piangersi i morti e a leccarsi le ferite- lascia spiazzati governi e cittadini. Compresi di imbecilli c’è arrivano ad affermare «SARS-CoV-2, in realtà, non esiste». Parafrasando Wittgenstein, i limiti del linguaggio sono i limiti del nostro mondo. “Coronavirus” parola anche polioticamente minacciosa. Negli Usa, dove fino a un mese fa Trump paragonava il virus a una banale influenza e adesso diventa la scusa di un quasi guerra vera con la Cimna. O come in Turkmenistan, dove da martedì è addirittura vietato girare con le mascherine e parlare della pandemia.
Secondo Reporter senza Frontiere, il governo della repubblica dell’Asia centrale, guidata dall’autocrate Gurbanguly Berdimuhamedow, avrebbe proibito ai media statali di riportare la parola ‘coronavirus’. «Le autorità turkmene hanno tenuto fede alla loro reputazione adottando questo metodo estremo per sradicare tutte le informazioni sul virus», ha fatto sapere Rsf. Non solo. Secondo Turkmenistan Chronicle, dalle brochure informative sulla prevenzione delle malattie virali è stato eliminato ogni riferimento all’infezione da Covid-19.
Ma l’onda negazionista non si ferma qui. Radio Azatlyk riporta di poliziotti in borghese occupati a intercettare le conversazioni sulla pandemia tra la popolazione, mentre, stando a quanto riportano i corrispondenti di Radio Free Europe, la polizia adesso può arrestare chi indossa la mascherina in pubblico. «Una strategia paradossale che va oltre ogni logica: al momento i contagi ufficiali nella repubblica turkmena sono pari a zero, nonostante il vicinissimo Iran sia tra i Paesi più colpiti al mondo».