Siamo come la mosca cocchiera della favola di La Fontaine, saltelliamo da una parte all’altra della carrozza e ci lamentiamo che nessuno ci ringrazi per il nostro gran lavoro, neppure gli alleati americani che un anno fa simpatizzavano per Haftar e adesso pendono dalla parte di Tripoli per controbilanciare la presenza dei russi.
Sullo sfondo, ma neppure troppo, si potrebbe profilare in Libia un patto alla “siriana” Erdogan-Putin per una base aerea turca a Watya, appena evacuata da Haftar, in cambio di una base russa a Sirte accompagnata anche da una navale».
«Nel “grande gioco” libico c’è l’Eni che ha i suoi maggiori interessi in Tripolitania con il terminale di Mellitah e il gasdotto Greenstream quindi ha ottimi rapporti con i clan locali ma allo stesso tempo il capo dell’Eni De Scalzi ha buonissime relazioni con il principe dei Emirati Bin Zayed, uno dei maggiori sponsor e finanziatori di Haftar. Formidabili per ambiguità sono quelle con la Turchia di Erdogan che l’Italia e l’Eni devono maneggiare con cura: Ankara militarmente comanda a Tripoli e ha ottenuto da Sarraj una dichiarazione sul Mediterraneo orientale che potrebbe incidere negativamente sugli interessi dell’Eni a Cipro.
Ma dobbiamo pure stare attenti al nostro contingente militare di guardia all’ospedale da campo di Misurata dove vengono curati pure i jihadisti filo-Sarraj, non solo le truppe “regolari” libiche. Noi si sa mai che qualche Mig russo in appoggio ad Haftar ci tiri addosso qualche “pillola”.
E così tanto per compensare la situazione, come ci informa su il manifesto Chiara Cruciati, abbiamo venduto navi Fincantieri ed elicotteri d’attacco Agusta di Leonardo al Cairo che protegge il generale. Una mossa rivelatrice del groviglio di interessi, tra forniture belliche e gas dell’Eni, che ci lega al generale Al Sisi, colui che si rifiuta da anni di dare indicazioni sui torturatori e gli assassini di Giulio Regeni.
La mosca cocchiera italiana ronza come impazzita tra Tripolitania e Cirenaica, amici, alleati, clienti turchi, egiziani ed emiratini, dal Golfo al Mediterraneo, senza avere una politica estera percepibile. E per la verità in Europa non siamo gli unici: quando si smorzerà il Covid-19 l’Unione europea dovrà fare i conti. La Germania non è meno ambigua dell’Italia e della Francia che con Grecia, Cipro ed Egitto, quando serve, appoggia Haftar in funzione anti-turca nel Mediterraneo orientale.
Nonostante abbia aderito all’embargo sulle armi dando il suo ok alla missione navale europea Irini e si sia fatto promotore lo scorso gennaio a Berlino del vertice internazionale sulla Libia, il governo tedesco l’altro giorno ha ammesso che tra il 20 gennaio e il 3 maggio scorso ha venduto armi ai paesi coinvolti nella guerra in Libia per un valore di 331 milioni di dollari.
La Germania della signora Merkel aveva scippato all’Italia la conferenza convocata a Berlino proprio per attuare l’embargo: insomma i tedeschi sono persino più ipocriti e inaffidabili di noi.
Anche per le stragi in mare ci vogliono ronzanti mosche cocchiere, come la Guardia costiera libica che ne ha appena riportati 300 dal mare diritti verso la detenzione arbitraria nei campi.