Ora la corsa a chi guarisce per primo

Il corona virus si è diffuso in misura diversa da Paese a Paese. Fra le cause, le diverse situazioni geografiche e climatiche, il diverso livello della prevenzione e delle strutture sanitarie, la diversità di approccio dei governi.

La pandemia è davvero globale, ma non è omogenea nella sua pericolosità e non è nemmeno ugualitaria per classi di età e classi sociali. Casomai ha un po’ più di pietà per i poveri del mondo, in particolare in Africa, sempre che siano attendibili le statistiche sulla contenuta diffusione del virus, quando invece ci si attendeva una catastrofe. Probabilmente, la spiegazione risiede nella demografia, l’età media degli africani è 19,4 anni e si sa che il virus risparmia i giovani. Ma non è detto che le previsioni peggiori siano già alle spalle.

Ciò che non è affatto globale, né democratica, né tantomeno solidale, è la corsa al vaccino.

Cina e Stati Uniti, dopo la guerra per la supremazia commerciale e gli scambi di accuse sulla responsabilità dell’epidemia, si stanno sfidando nella ricerca dell’antidoto. Il vaccino è la nuova arma di salvezza di massa, la pietra filosofale del ventunesimo secolo : chi la costruisce per primo ottiene prestigio internazionale, supremazia economica e politica, potere. Forse per questo, anziché cooperazione, si tende all’autarchia scientifica ed economica, a colpi di finanziamenti della ricerca in casa propria e di finanziamenti alle case farmaceutiche (anche straniere) purché siano al servizio della patria. Forse per questo, dopo le chiusure temporanee di confini e scambi, prenderanno forma nuove forme di chiusure permanenti.

Gli Stati Uniti hanno tentato di mettere le mani su brevetti tedeschi e di assicurarsi in anticipo i risultati delle ricerche della francese Sanofis. Inoltre hanno sostanzialmente delegittimato l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il «governo» mondiale della salute, sostenendo che sia stata condizionata o succube della Cina.

Pechino a sua volta ha messo sul tavolo tutto il proprio potenziale organizzativo, militare, economico e scientifico per raggiungere lo scopo. Se ci riuscisse, non è fantascienza immaginare che in questo campo la Cina sarebbe parte del problema (dato che i virus partono dal suo territorio) e parte della soluzione.

L’Europa è la sola entità che sta cercando di affrontare il problema con un approccio solidale, consensuale e internazionale, almeno a livello di nazioni europee. È vero che le misure di contenimento sono state prese in ordine sparso, che le contromisure di sostegno finanziario necessitano ancora di molti compromessi e aggiustamenti, che anche in Europa la solidarietà è merce rara. Ma è altrettanto vero che è stata lanciata una ricerca di fondi a livello continentale che ha raccolto circa sette miliardi di euro e che il « bazooka » delle risorse finanziarie che si sta preparando per riparare i danni è almeno all’altezza dei bisogni.

Il problema non sono il costo in sé delle ricerche per scoprire il vaccino, qualche decina di miliardi di dollari e nemmeno tanto i costi di produzione, stoccaggio e distribuzione, che comunque sono ancora da stimare, soprattutto nei tempi necessari dopo che sarà scoperto. Il problema è che cosa deciderà di farne chi lo possiede. Non è difficile immaginare la gerarchia futura. Prima la vaccinazione per necessità istituzionali (medici, militari, politici), poi per classi sociali, quindi per tutta la popolazione, ma ovviamente prima la propria, quella che determinerà consenso politico, ripresa della fiducia nei mercati, aumento del Pil, ritorno alla normalità.

L’arma di salvezza di massa potrebbe prevedere insomma danni collaterali, nuove conflittualità, nuove alleanze, nuove divisioni. L’Europa diventa pertanto sempre più necessaria. Anche i più intransigenti sovranisti dovrebbero finalmente convincersene. Oggi possiamo soltanto tamponare le nostre miserie con slogan autarchici che risuonano nel mondo : vacanza italiana, mangiare italiano, comprare italiano, investire italiano.

Ma domani? In coda per vaccinarsi o comprare il vaccino da Mister Trump o Mister XI, comunque dipendenti, come al tempo in cui i simboli della supremazia erano le bombe o i satelliti.

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