23 maggio 1992, lungo l’autostrada dall’aeroporto palermitano di Punta Raisi alla città, la devastante esplosione che uccide il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
Noi vi proponiamo una non molto nota ma significativa intervista di Falcone ancora all’Ufficio Istruzione di Palermo, poco dopo la fine dello storico Maxi processo, a ragionare con l’inviato del Tg1, dicembre 1987, sul dopo. Un dopo senza mafia o, purtroppo, come accadde, un dopo senza Giovanni Falcone, ad anticipare la vendetta assassina anche su Paolo Borsellino con l’uccisione di altre donne e uomini di scorta.
Intervista di Ennio Remondino per memoria
«Arrivare a Giovanni Falcone non era facile, e non tanto e non solo per scorte e blindature. L’ostacolo più difficile da superare era la sua timidezza nascosta dietro l’aria da burbero comunque sempre cortese. Per non parlare della telecamera, se eri quel tipo di giornalista. Arrivarci fu per me un grande vanto, allora. Oggi un triste rivedere una persona amica che non c’è più. Per Falcone, vittima politica nelle lotte interne alla magistratura e al CSM che lo esclusero dai vertici dell’ufficio istruzione, cancellando di fatto il Pool antimafia di Palermo. Altro vanto personale e di testata. L’allora cronaca del Tg1, Roberto Morrione e il direttore Nuccio Fava, sostennero sempre le battaglie del cronista a difesa del falso burbero Falcone a cui già non era quasi più consentito ridere. Tra Corvi e meschinerie di carriera, quando non era difficile capire che era ormai guerra mortale. Troppi nani contro. E i vigliacchi con la bomba».
Quando fu ucciso Falcone, ero in punizione. Nuovo direttore del Tg1 Bruno Vespa, e io -‘colpevole’ della inchiesta sui rapporti tra Cia e P2- interdetto ad occuparmi ancora di inchieste, giustizia e mafia. Piansi per non poter correre a Palermo in quei giorni. Per quei morti, per gli amici persi, per il lavoro a cui avrei voluto contribuire con la mia esperienza. Costretto all’esilio, fu allora che scelsi di frequentare altre guerre»