Freedom House: Serbia e Montenegro problemi di democrazia
Serbia e Montenegro sono stati declassati da ‘Freedom House’, che da ‘democrazie parzialmente consolidate’ li ha inseriti nella categoria dei ‘regimi ibridi’. E’ l’ ultimo rapporto dell’organizzazione non governativa americana sui ‘Paesi in transizione’ su 29 stati dell’ex Unione Sovietica e dell’Europa orientale e balcanica.
«Regime Ibrido», lento dopo Milosevic ed eterno Đjukanovic
Con ‘regime ibrido’ si indicano Paesi
caratterizzati da istituzioni democratiche fragili e con importanti problemi
nella difesa dei diritti politici e delle libertà civili. Secondo ‘Freedom
House’, il potere in Serbia e Montenegro è basato sull’autoritarismo come
conseguenza di cambiamenti democratici ancora incompleti. Per la Serbia in
particolare si denota un clima politico negativo con principi non democratici,
con il partito di governo che limita sistematicamente le possibilità
dell’opposizione di essere coinvolta nella gestione dello stato. Progressi al
contrario, ma da una partenza estremamente problematica, hanno compiuto Kosovo
e Macedonia del Nord.
Osservatorio Balcani e Caucaso
«Le critiche più dure del think-tank americano sono rivolte
alla Serbia -riferisce Francesco Martino
per il GR di Radio Capodistria- governata ininterrottamente dal 2014 dal
presidente Aleksandar Vučić e dal suo Partito progressista serbo». Tanto
potere e molto a lungo gli elementi del pericolo. Secondo il rapporto, la
maggioranza ha ristretto sempre di più lo spazio per l’opposizione, «ridotta oggi ad un impotente boicottaggio
delle istituzioni», e governa sempre
più spesso «attraverso
procedure emergenziali, anche prima dello scoppio dell’emergenza coronavirus».
«Il Partito di Vučić abusa della sua maggioranza in parlamento, confondendo le attività del partito con quelle dello stato, facendo pressione sugli elettori e utilizzando misure sociali per comprare consenso», recita il rapporto.
Piccolo Montenegro eterno Đjukanović
Dure critiche anche nei confronti del Montenegro, dove il
presidente Milo Đukanović (leggi Giucanovic) e il suo ‘Partito democratico dei
socialisti’ dominano la scena politica addirittura dal lontano 1991. Potere
molto personale e molto discusso. «Qui ad essere sotto accusa è
soprattutto il sistema giudiziario, segnato da scandali a ripetizione, sia tra
i giudici che nelle procure, ma anche restrizioni alla libertà dei media e il
perdurare nel paese di una corruzione endemica».
Ma non solo Balcani
Troppi leader nell’Europa centrale e orientale ha persino
abbandonato la forma di regola di democrazia. Dal consenso democratico
dell’ordine del dopoguerra alla competizione di grande potere e al
perseguimento dell’interesse personale. Nella regione che si estende
dall’Europa centrale all’Asia centrale, assalti all’indipendenza giudiziaria, minacce contro la società civile e i media, la
manipolazione dei quadri elettorali e marginalizzazione dei parlamenti.
«Sottolineatura dell’elemento scheletrico e maggioritario della democrazia -sostenendo che agiscono secondo la volontà del popolo- ma lo fanno solo per giustificare la loro concentrazione di potere e l’escalation delle violazioni dei diritti politici e civili libertà».
Involuzione democratica in 29 Paesi europei
«La rottura del consenso democratico è stata più evidente in Europa centrale e nei Balcani, che hanno registrato i maggiori guadagni dopo la fine della guerra fredda».
Polonia, il partito governativo Law and Justice (PiS) ha condotto una guerra contro la magistratura nel tentativo di convertirla in uno strumento politico flessibile.
Ungheria del Primo Ministro Viktor Orbán che ha lasciato cadere qualsiasi pretesa di rispetto delle istituzioni democratiche. Primo paese a discendere per due categorie e lasciare del tutto il gruppo democrazie.
I boicottaggi parlamentari da parte di partiti di opposizione in Albania, Bulgaria, Georgia, Montenegro e Serbia hanno segnalato una mancanza di equità e legittimità.
In Bulgaria e Slovacchia, i governi hanno minato la trasparenza del voto e armeggiato con le regole elettorali per svantaggiare i loro oppositori.
Il partito di governo albanese ha continuato le elezioni locali nonostante il boicottaggio dell’opposizione, lasciando agli elettori nessuna scelta significativa.
Ucraina, nuovo governo con una media di 38 nuovi progetti di legge presentati quotidianamente tra agosto e ottobre 2019. Spaai parlamentari di confronto impossibili.
Balcani in una scacchiera geostrategica
La crescente presenza di poteri autoritari come la Russia, la Cina e la Turchia nella regione ha stimolato un certo reimpegno da parte degli Stati Uniti, ma anch’essa -era Trump- sempre più concentrata su accordi di backroom, dietro le quinte, escludendo qualsiasi impegno condiviso per la democrazia.