
A questa overdose di notizie che, anziché rassicurare, crea ulteriore smarrimento – anche perché gli studi presentati al grande pubblico subiscono semplificazioni – si aggiunge l’ « infodemia » di notizie in ambito sociale, economico e politico, con contorno di fake news, scoop improbabili su complotti internazionali, strumentalizzazioni di giornali e partiti.
Dobbiamo ammettere che sappiamo molto poco, nonostante l’esperienza di studi epidemiologici sulla famiglia di appartenenza del virus. Un’epidemia è un fenomeno intrinsecamente eterogeneo. La gravità e la contagiosità variano a seconda dei luoghi, delle condizioni climatiche, dello stato di salute dell’individuo, delle classi di età, della situazione socio economica, delle strutture sanitarie, delle misure di contenimento e, in ultima analisi, dell’efficacia di un farmaco (da sperimentare) e di un vaccino (da scoprire).
È il paradosso della scienza, materia cui attribuiamo rassicuranti successi traumaturgici, dimenticando che avanza per approssimazioni e sperimentazioni e che spesso ci dice ciò che non sappiamo e che dobbiamo ancora scoprire.
All’«INFODEMIA» scientifica si sovrappone quella giornalistica, basata sulla montagna di dati sull’epidemia nei vari paesi. Per quanto incontestabili, si prestano a interpretazioni scientifiche, comportamentali, politiche.
Se, ad esempio, noto che in Italia i decessi di individui con meno di 50 anni sono stati l’1,1 per cento, 312 in tutto e che, fra le 66 vittime con meno di 40 anni, due terzi presentavano gravi patologie oltre al coronavirus, potrei concludere, come in effetti è avvenuto in tutto il mondo, che la pericolosità dell’epidemia riguarda la fascia di popolazione più anziana, soprattutto gli ultraottantenni.
E potrei aggiungere che nelle fasce di età inferiori ai sessant’anni, il virus ha fatto molte meno vittime che negli incidenti stradali di una settimana in Europa. Con il senno di poi, si potrebbe anche sostenere che una maggiore prevenzione, un maggior numero di centri di terapia intensiva e una più responsabile gestione delle case di riposo avrebbero fortemente ridotto la strage di anziani, non solo in Italia.
Ma bastano queste considerazioni ad affermare che le misure di contenimento sono state eccessive e che la politica in tutto il mondo ha ceduto molte delle proprie responsabilità decisionali alla scienza, assecondando l’allarmismo degli epidemiologi, peraltro in contraddizione fra loro?
È stato calcolato che senza le misure di contenimento sociale, messo in atto in modo differenziato da paese e paese, il numero di vittime sarebbe stato assolutamente superiore. In Francia, ad esempio, si parla di 60/70 mila morti in più. Cifre che potrebbero essere anche più alte se si riuscisse a calcolare con sufficiente esattezza il numero degli asintomatici.
L’andamento dell’epidemia dimostra inoltre una diffusione e una pericolosità ondivaga (sia pure sulla base di dati approssimativi) da Paese a Paese, in relazione alle condizioni ambientali dell’area colpita, in particolare le aree urbane. Il numero di vittime negli Usa, ad esempio, appare un’enormità, ma percentualmente è inferiore al numero di vittime in diversi Paesi europei. In Africa, il numero di decessi è assolutamente inferiore rispetto alle previsioni di una catastrofe umanitaria in considerazione delle condizioni sanitarie e sociali. Uno studio ci dice che il 78 per cento dei decessi per coronavirus si è verificato nelle 66 regioni più inquinate d’Europa, con Lombardia e Veneto in testa alla speciale classifica.
Se è vero che le misure di contenimento hanno evitato decine di migliaia di morti, è anche vero che il sovraccarico delle strutture sanitarie, l’emergenza epidemiologica e la comprensibile paura diffusasi nella popolazione hanno fortemente ridotto il numero di visite, trattamenti, operazioni, diagnosi preventive e ospedalizzazioni per molte altre patologie, in particolare le cure oncologiche, geriatriche, cardiologiche. In Francia, i ricoveri per altre patologie sono diminuiti dell’87 per cento e le visite del 51 per cento. E, sempre secondo altri studi, i decessi per tumori potrebbero aumentare : 6200 in Gran Bretagna, 33000 negli Usa. I ritardi o l’assenza di diagnosi farebbero aumentare le vittime del 10/15 per cento. Proprio in questi giorni, l’UNICEF ha lanciato un nuovo allarme : oltre cento milioni dei bambini in 37 paesi – sempre a causa del lockdown – non hanno fatto la vaccinazione per il morbillo. Un ritardo o un assenza le cui conseguenze si faranno sentire nel tempo.
C’è da chiedersi perché epidemie del passato, anche recente, come la febbre di Hong Kong alla fine degli anni Sessanta – un milione di morti, migliaia in Europa – non abbia provocato contromisure eccezionali, tanto che nessuno se ne ricorda.
Se questi sono i dubbi che solleva l’ «INFODEMIA», abbiamo invece qualche certezza a proposito delle conseguenze socio economiche dell’epidemia e del lockdown.
In Occidente, il crollo del Pil, dell’occupazione, della produzione industriale e il fallimento di attività commerciali e terziarie spingerà milioni di individui sotto la soglia di povertà, con conseguenze drammatiche anche sulla tenuta sociale dei Paesi più colpiti. In Italia, si allungano le file al Banco dei Pegni e alle mense della Caritas.
La FAO ha calcolato i milioni di individui che soffriranno la fame nel 2020 in rapporto alla riduzione della crescita globale, fra i 14 e gli 80 milioni, a seconda di una recessione fra il 2 e il 10 per cento.
Di fronte ai dati economici, risuona lo slogan « meglio morire di virus che di fame ». Ma è corretto o ingannatore?
Mentre aumentano disoccupazione, povertà e fame, le Borse hanno già recuperato le perdite, con ampi margini di guadagno sulle nuove prospettive derivate dall’emergenza : industria sanitaria, high-tech, Smart working, servizi alla persona e persino ecologia.
La conclusione ideologica sarebbe che la finanza è sempre più sconnessa dall’economia reale. Ma è anche vero che l’epidemia e il lockdown stanno provocando una gigantesca rivoluzione dei comportamenti, dei consumi, di modelli produttivi e di sviluppo, di cui ancora non possiamo immaginare le conseguenze per gli anni futuri.
Come dopo guerre e rivoluzioni, ci saranno vincitori e vinti, eroi e sciacalli, nuove ricchezze e nuove povertà.
Complottisti e virologi di tutto il mondo, unitevi.