
La chiarezza superficiale non spiega la verità profonda. Figuriamoci se la superficie di questa crisi è increspata dalle visioni deliranti di un sistema di potere formato da incapaci, impreparati a una sfida imprevedibile: politici, economisti, giornalisti, opinionisti, virologi di chiara fama, imprenditori di successo, costruttori di bombe, schiavisti. Locali, nazionali, internazionali.
Che dovevano fare? Formati alla scuola del profitto cinico e del disprezzo della vita umana, forgiati da decenni di neoliberismo criminale, dall’arroganza di chi ritiene (a ragione) di aver trionfato nella guerra di classe della minoranza ricca del pianeta contro la maggioranza povera, quando hanno scoperto che non bastava tagliar teste ma dovevano agire per trovare una soluzione, sono miseramente crollati.
Ve ne siete accorti? All’improvviso sono apparse le retoriche belluine e nazional-popolari, la chiamata alle armi contro un nemico invisibile. E se vi fermate un attimo sul balconcino di casa, invece di mettere bandiere o cantare Azzurro e Finché la barca va, potrete vedere che quel nemico siamo noi. I cittadini, quelli che avrebbero da guadagnare dal bene comune, dalla sanità pubblica, dalla scuola pubblica e che invece sono messi all’angolo e vituperati dagli autori stessi del disastro in cui camminiamo.
Non c’è bisogno di andare a vedere le cialtronaggini inglesi o americane. Basta guardare in casa nostra. Vedere il modello sanitario della Lombardia per farsi un’idea. Quando non si tratta di far morire disperati in mare, di schiavizzare e donare alla mafia i raccoglitori di pomodori, di vessare i più deboli, impedire il dissenso, privatizzare per il profitto di pochi ciò che è della collettività, non sanno che fare.
Allora vanno in guerra. E gli strumenti della guerra sono sempre gli stessi. I media, per cominciare. Come avanguardie militari schierate a colpire l’immaginario e scioccare. Si tratta di una tattica militare, questo è noto, basata sulla potenza, sulla superiorità di forze sul campo da battaglia. Per colpire duramente la volontà, la percezione della realtà del nemico, sfruttando la superiorità tecnologica e la dominanza dell’informazione.
La storia parla per loro. E per noi, ahimé. Ci siamo affidati, mani e piedi legati, a loschi figuri votati alla distruzione: del territorio, dell’ambiente, delle vite umane, di interi popoli, delle regole di convivenza civile, di futuro. Personaggi mediatici al servizio di un progetto che non ci appartiene. Segmenti di potere in grado soltanto di elaborare una narrazione tossica, di rendere invisibili le catene agli schiavi, di giustificare ogni ingiustizia sociale.
Non li critico. Li combatto. Occorre la guerra per capire il valore della pace. Per cogliere quello che ci offre ora la storia servono cittadini desti e non i dormienti, non quelli che vivono nell’apparenza, conformisti e schiavi del successo, che dormono di un sonno mentale profondo che non permette loro di comprendere ciò che accade nel mondo circostante. Quelli che nel sonno dell’indifferenza e del conformismo avallano con enfasi ogni scelta scellerata contro i propri interessi, contro quelli della comunità.
Questa fase storica torna a insegnarci quali siano i valori essenziali dell’esistenza. La salute, il tempo, la solidarietà, la bellezza, la gentilezza, la semplicità, la condivisione. Ci ha posto di fronte a scelte individuali e collettive. A paure che talvolta sono state tradotte maldestramente in terrore. A dubbi, alla ricerca di un’idea, di soluzioni, di un orizzonte di verità. Dentro di noi, nel sistema sociale in cui viviamo. Riflettendo sulle cose semplici che ci serviranno per ricominciare. Avrei detto: per riprendere il filo, ma non sappiamo se sia meglio o no. Se sia più interessante capire come azzerare tutto, modi di vedere e di pensare, abitudini e sovrastrutture che abbiamo imparato ad accettare passivamente. Per ricominciare dalle cose belle, da quelle sincere, da quelle che ci fanno stare bene.
Una ricerca, è necessaria. Di valori, di parole chiave, di luoghi e persone, di coraggio, di immaginazione. Per poter creare basi operative utili e rivoluzionarie per agire in ogni settore con un metodo nuovo. Una ricerca che connetta intelligenze e lavoro, donne e uomini che agiscono nelle istituzioni scolastiche e universitarie, aziende, associazioni, gruppi di cittadini.
Fuori dall’influenza dei manuali teorici militari che tanti danni hanno storicamente fatto e tanti ne faranno.
Perduto il centro, con i suoi meccanismi dispotici e omologanti, non ci resta che riposizionarsi nel mondo. Ricondurre le nostre narrazioni, le azioni, gli incontri, a una pratica di liberazione dal conformismo culturale e sociale che, per assuefazione e indifferenza, opera per orientare i processi, deprimere le coscienze, creare una percezione stereotipata, azzerare spirito critico e capacità di sguardo e di ascolto.
Già, ne usciremo solo lottando. E il primo punto necessario è sottrarsi dallo schema, togliersi dai riflettori del format. Scegliendo un altro campo di conflitto. Riprendere a vivere, a ragionare, ad avere senso critico. E anche in questo caso, indipendente e non clonato. A essere desti.