Nel laboratorio cinese dei sospetti anche scienziati francesi e americani

A proposito di ‘virus cinese’ come lo chiama Trump: il laboratorio di Wuhan al centro delle polemiche complottiste, in realtà è frutto di una lunga e consolidata collaborazione tra scienziati internazionali, francesi ma anche  americani.

Teorie complottiste, falsità e scemenze

Ormai da settimane il Wuhan Institute of Virology è al centro di teorie complottiste di ogni tipo e di esplicite accuse – soprattutto provenienti dall’amministrazione Trump – che lo indicano come l’origine della pandemia di Covid-19, affermando che il virus sarebbe sfuggito – probabilmente per errore – durante un esperimento di manipolazione di agenti patogeni. La sua posizione, proprio nella città della Cina centrale dove sono state segnalate le prime infezioni, ha reso infatti l’istituto un facile bersaglio nel gioco delle accuse tra gli Stati Uniti e la Cina sull’origine della pandemia. Teorie che sono state peraltro smentite dagli esperti, che hanno ripetutamente affermato come sia quantomeno altamente improbabile che il nuovo coronavirus – chiamato Sars-CoV-2 – sia sfuggito accidentalmente dal laboratorio.

Al di là però della fondatezza o meno di tali teorie complottiste, emerge adesso un dato “imbarazzante”, per gli stessi Stati Uniti, e cioè che gli scienziati di diversi Paesi occidentali – soprattutto francesi e anche americani – sono stati strettamente coinvolti nello sviluppo del laboratorio e hanno ripetutamente garantito circa la sicurezza dei suoi standard e delle sue procedure. Inoltre, i ricercatori cinesi dell’istituto hanno collaborato con le loro controparti straniere per anni.

Il virus mezzo texano?

James Le Duc, direttore del Galveston National Laboratory presso l’Università del Texas, una delle più grandi strutture di biocontenimento attive in America, è stato strettamente coinvolto nella formazione del personale dell’istituto Wuhan, già prima dell’apertura ufficiale di quest’ultimo, nel gennaio 2018.

Le Duc, che ha visitato il laboratorio di Wuhan al centro delle polemiche già nel 2017, ha dichiarato che scienziati cinesi dell’istituto avevano lavorato in stretta collaborazione con organismi scientifici degli Stati Uniti, partecipando alle discussioni e condividendo i risultati dei reciproci esperimenti, come riporta il South China Morning Post, l’autorevole quotidiano in lingua inglese di Hong Kong. Le Duc ha anche difeso la direttrice del Center for Emerging Infectious Diseases dell’istituto di Wuhan, Shi Zhengli, il cui lavoro nella ricerca di virus nei pipistrelli le ha fatto guadagnare l’ironico soprannome di “Bat-Woman, Donna Pipistrello”, ma soprattutto l’ha resa il principale bersaglio dei teorici della cospirazione.

Bat-Woman

“Shi è la ricercatrice che ha scoperto il legame tra i pipistrelli e il virus della Sars originale, quello che causò l’epidemia del 2003. Ha partecipato a tutti i nostri incontri: è stata sempre pienamente coinvolta, molto aperta e trasparente sul suo lavoro e desiderosa di collaborare “, ha detto il professor Le Duc. Che ha anche affermato come il nuovo virus non sia il risultato dell’ingegneria genetica intenzionale e che quasi sicuramente ha avuto origine dalla natura, data la sua elevata somiglianza con altri coronavirus già noti associati ai pipistrelli. Infine ha anche detto di poter garantire che il laboratorio di Wuhan “è di qualità comparabile e dotato di misure di sicurezza paragonabili a quelle di qualsiasi altro laboratorio simile attualmente in funzione negli Stati Uniti o in Europa”.

Peter Daszak, presidente della EcoHealth Alliance, un organismo di studio senza scopo di lucro con sede a New York, che è stato coinvolto nella ricerca sui coronavirus da pipistrello in Cina e nel sud-est asiatico per 15 anni, è intervenuto a sua volta su Twitter per contrastare la campagna in corso volta a screditare l’istituto e Shi Zhengli. In un tweet della scorsa settimana, Daszak ha dichiarato che Shi è stata ripetutamente insultata e minacciata dai teorici della cospirazione, sia negli Stati Uniti che in Cina, mentre si tratta, afferma, di un “virologo di prim’ordine, primo a identificare l’origine di Sars-CoV-2. Shi è una persona generosa e una scienziata ammirevole, e dovrebbe essere lodata come un’eroina, non diffamata”, ha scritto.

L’istituto di Wahan dal 1956

L’istituto di Wuhan non è un’istituzione scientifica recente, come molti hanno scritto nelle ultime settimane, ma venne inaugurato nel lontano 1956 come struttura di microbiologia, con particolare attenzione alle ricerche nel campo dell’agricoltura. Ha avuto origine da una collaborazione tra l’Accademia cinese delle scienze, l’Università di Wuhan e l’Università agricola della Cina centrale, con lo scopo di studiare la qualità del suolo e i patogeni che colpiscono piante e animali, secondo quanto si può leggere in un rapporto dell’epoca dell’agenzia di stampa statale cinese Xinhua. Il progetto venne supervisionato da Gao Shang Yin, uno scienziato cinese – scomparso nel 1989 – che ottenne il suo dottorato proprio negli Stati Uniti, a Yale. Nel corso degli anni l’istituto di Wuhan ha ampliato le sue attività di ricerca per includere le malattie infettive umane, ma è stato lo scoppio di una grave sindrome respiratoria acuta, quella della Sars, 17 anni fa, che ha fatto comprendere alla Cina la necessità di avere un laboratorio in grado di condurre ricerche sugli agenti patogeni mortale e altamente trasmissibile, che appartengono alla categoria P4.

Procedure di sicurezza dalla Francia

Secondo un rapporto pubblicato sul quotidiano scientifico China Science Daily in occasione dell’apertura del nuovo laboratorio nel gennaio 2018, l’allora direttore dell’istituto Hu Zhihong, ricevette una telefonata nel febbraio 2003 dall’ex vicepresidente dell’Accademia cinese delle scienze Chen Zhu, perché supervisionasse la costruzione di un laboratorio di massima sicurezza, con specifica BSL4. La Cina allora, per superare la mancanza di competenze locali, chiese aiuto alla Francia e i due paesi firmarono un accordo nel 2004 per costruire il laboratorio, con uno stanziamento inziale di 300 milioni di yuan (42,4 milioni di dollari) a Wuhan. Il nuovo laboratorio di Wuhan stato modellato sulla pianta e con una struttura molto simile a quelle del laboratorio Jean Mérieux-Inserm P4 di Lione, dove il virus Ebola è stato isolato e sequenziato per la prima volta, nel 2014. Ancora nel marzo del 2019 una delegazione francese, guidata da René Courcol, un esperto, riconosciuto a livello internazionale, in tecniche di biosicurezza e biocontenimento per i progetti di tipo P4, ha visitato il laboratorio di Wuhan.

Timbro di garanzia americano

Nel 2013, il laboratorio Galveston del professor Le Duc, negli Usa,  ha fornito da parte sua la necessaria assistenza per la formazione a breve termine del personale dell’istituto di Wuhan e ha anche ospitato due scienziati post-dottorato del laboratorio cinese, che hanno completato la formazione necessaria per ottenere un accesso indipendente alle strutture classificate come BSL-4 – la più alta nel livello di sicurezza di ricerche su agenti patogeni e biologici più pericolosi in assoluto, come appunto Ebola o il virus HIV dell’Aids. Bisogna ricordare che i Coronavirus, anche quelli altamente infettivi e pericolosi come quello della Sars del 2003 o questo suo “parente molto stretto” che sta causando l’attuale pandemia, possono essere maneggiati anche in laboratori con un livello di sicurezza inferiore, BSL-3, (BSL sta per “Bio Safety Level”). Non perché  non siamo altamente pericolosi e infettivi, ma soltanto perché la letalità dei virus come Ebola è enormemente più elevata (anche oltre il 50% dei casi).

“Entrambi i due ricercatori cinesi che abbiamo formato qui da noi negli Stati Uniti” ha ricordato Le Duc “sono tornati all’istituto in Cina, dove sono stati fondamentali per impostare il programma e gli standard di formazione sulla biosicurezza per il nuovo laboratorio BSL-4 e dove continuano le loro ricerche indipendenti nella nuova struttura. La nostra facoltà e il nostro personale mantengono i contatti con loro e continuano a collaborare scientificamente”, ha aggiunto il professore americano.

L’America controllava, sapeva (e Trump è un bugiardo)

Song Donglin, responsabile del progetto del laboratorio di Wuhan, nel 2018 ha dichiarato al Guangzhou Daily che il lavoro per rendere l’istituto idoneo a gestire agenti patogeni pericolosi aveva incluso l’installazione di un sistema di trattamento delle acque reflue e di un supporto vitale totalmente indipendente, al piano terra dell’edificio principale, dove in caso di contaminazione accidentale i ricercatori potenzialmente infettati possono isolarsi totalmente e ricevere l’assistenza necessaria dall’esterno, in un ambiente completamente sigillato, e in maniera sicura.

Sicurezza che di più non si può

I requisiti di sicurezza per un laboratorio di livello P4 sono rigorosi: richiedono ai ricercatori di indossare tute a pressione positiva e impongono loro di lavorare ininterrottamente con turni da quattro a sei ore, senza interruzioni di alcun genere, né per i pasti e nemmeno per bisogni fisiologici. Secondo il capitolo sulla   sicurezza del sito web dell’istituto di Wuhan, devono anche cambiarsi e sottoporsi a una procedura di disinfezione chimica che necessita almeno mezz’ora sia per entrare che per uscire dalla struttura. “Poiché il laboratorio P4 ricerca microrganismi altamente patogeni, una volta aperte le provette dei virus al suo interno è come aprire un proverbiale “vaso di Pandora”, afferma lo stesso sito del laboratorio cinese. “Questi virus possono andare e venire senza lasciare traccia e, sebbene esistano rigorose misure protettive, è comunque necessario che il ricercatore operi attentamente per evitare rischi derivanti da errori operativi” si legge sempre sul sito web del Wuhan Institute of Virology .

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