
Giulietto Chiesa è stato anche molte altre cose e quindi perdonerete alcuni ricordi molto personali.
Giulietto Chiesa è stato un dirigente dell’allora Partito comunista di Enrico Berlinguer. Quando lo conobbi, metà anni ’70, lui era consigliere provinciale del Pci a Genova, e io, giovane di bottega al Secolo XIX che qualche volta seguiva la politica locale. Nel 1978 fu Giulietto Chiesa a dirigere la sfida folle dell’organizzazione della Festa nazionale dell’Unità, evento popolare e politico di enorme portata, l’ultima festa realizzata totalmente col lavoro volontario dei militanti.
Fu un successo personale per il giovane dirigente comunista che io frequentavo da neo reporter della Rai regionale su quell’evento di portata nazionale ed oltre. Con Giulietto, ormai amici, alla fine della Festa condividemmo un piacevole viaggio in Jugoslavia che forse segnò il destino per entrambi, ma lo vedremo dopo. Giulietto, forte del successo personale con la festa, puntava a diventare segretario della Federazione del Pci genovese (decine di parlamentari e senatori da far eleggere), ma fu bocciato. Forse considerato troppo giovane, forse poco operaista, sta il fatto che allora nasce il Giulietto Chiesa a noi tutti più noto.
Giulietto lascia Genova e la Federazione Pci per iniziare una carriera giornalistica all’Unità, a Roma. Anzi, all’inizio sembrava destinato a sostituire il collega a Belgrado. Buffo intreccio di storie personali tra noi due: lui finì a Mosca e io, anni dopo, bocciato dalla sera alla mattina da vicedirettore del Tg1, mi fu proposta la sede di Mosca come consolazione, ma proposi Belgrado stupendo tutti, perché capivo che in Jugoslavia stavano maturando grossi guai.
Lontani ma vicini con Giulietto. Lui fece la splendida e nota carriera a Mosca, dall’Unità alla Stampa, e l’invidiata conquista della collega di Repubblica Fiammetta Cucurnia, la mamma dell’amato figlio Lorenzo. Con Giulietto, senza bisogno di sentirci molto, ci ritroviamo nella folle avventura del 2001 in Afghanistan, ad anticipare la disgraziata avventura americana sino a raccontare la prima conquista di Kabul dei Talebani.
Giulietto Chiesa nel compound ospedaliero di Emergency ad Anabah, alla porte di Kabul, ospite di Gino Strada assieme a Vauro Senesi. Bel terzetto vero? Anzi, un quartetto quando qualche volta mi rifugiavo da loro. Venti anni fa un bel poker di potenziali ‘birichini’. Sugli scherzi che scattarono allora, soprattutto ai danni di Giulietto, decisamente restio alle attività domestiche necessarie tra noi maschi reclusi, altri medici e il prezioso Koko Jalil, il sovrintendente afghano, potremmo scriverne delle belle. Koko, vuol dire Signor in afghano, e alla sera, chiusi nel fortino di pietre e fango dove vivevamo, spariva il signore e restava Jalil e gli altri quattro non bravi bambinoni a cercare di liberarsi dagli orrori vissuti durante la giornata. E Giulietto era sovente bersaglio meritato per la sua pigrizia nel fare. Ma a questo punto scatta il segreto. Solo per amici fidatissimi e dopo qualche buona bottiglia.
Dal grande Gino Strada verso l’attualità. Con Giulietto e gli altri amici, ci siamo ritrovati a casa mia a Roma, e poi altri percorsi di vita. L’avventura politica di Giulietto eletto a sorpresa con Di Pietro all’europarlamento, la creazione di Pandora Tv (che lui voleva dirigessi lasciando la Rai).
La strada giornalistica percorsa negli ultimi anni, ci ha portato spesso su posizioni molto diverse, ma sempre con molto affetto e rispetto personale. Ricordo una splendida cena russa a casa sua, nel cuore della vecchia Roma, con Gianni Minà, Giulietto a svelarci qualche retroscena dei suoi incontri con Gorbaciov, e Minà a raccontarci della sua invidiata amicizia con Fidel Castro. Pagine di altro giornalismo in chiacchiere tra amici per stima incrociata.