
L’insurrezione è fissata per il 26 Aprile, ma il generale Meinhold chiede una tregua di 4 giorni per lasciare la città con le sue forze e gli armamenti. Meinhold ha l’ordine di non cedere e, per aprirsi la fuga, minaccia di bombardare Genova distruggendo il porto sparando dalla montagna su cui ha ancora forze sufficienti e insieme di cannoneggiare la città dal mare con conseguenze terribili, come accaduto a Varsavia.
La notte tra il 23 e il 24 aprile, il Comitato di Liberazione Nazionale, decide che Genova non accetta condizioni negoziali e deve insorgere in anticipo contro i tedeschi. Il 24 Aprile viene proclamato lo sciopero generale e ai partigiani si uniscono operai e cittadini comuni in un numero di 10 volte superiore a quanto previsto.
Al mattino alle 5, iniziano a sentirsi scambi di colpi di armi leggere e poi di mortaio. I combattimenti sono violenti, ci sono diversi morti, soldati tedeschi e alcuni miliziani fascisti, ormai in difficoltà, sparano sui passanti e civili. Si combatte in piazza De Ferrari, mentre nelle delegazioni, in particolare in tutta la Valpolcevera gli insorti hanno già preso il controllo di molte aree.
Meinhold minaccia nuovamente di bombardare, attenendosi agli ordini di Hitler, ma ormai è debole nella trattativa: il CLN ha già in mano 1000 prigionieri, che in caso di bombardamento della città sarebbero considerati criminali di guerra, assieme allo stesso Meinhold.
Alle 19.30, firma la resa con la consegna delle armi ai partigiani, a garanzia di far uscire i soldati tedeschi dalla città come prigionieri ma incolumi. La mattina del 26 Aprile Radio Genova annuncia:
“Popolo genovese esulta. L’insurrezione, la tua insurrezione, è vinta. Per la prima volta nel corso di questa guerra, un corpo d’esercito agguerrito e ancora bene armato si è arreso dinanzi a un popolo. Genova è libera. Viva il popolo genovese, viva l’Italia”.