
La metà ‘buona’ dell’accordo. Per il «quarto pilastro» della risposta comunitaria alla colossale crisi, il ‘fondo per la ripresa’ -da dove prendere la montagna di soldi che servono- i governi hanno dato mandato alla Commissione di elaborare entro «la seconda o la terza settimana di maggio» i dettagli decisivi della proposta da inserire nel bilancio comunitario.
L’approvazione (non facile) prevista a giugno tra i governi in un altro Consiglio europeo, e non più in videoconferenza. Rinvio lungo e litigi nuovamente faccia a faccia.
Dunque, «Fondo per la ripresa», il Recovery Fund, finanziamento temporaneo e mirato solo all’emergenza covid-19, con 300 miliardi di euro dentro il bilancio Ue; fondi strutturali per 100 miliardi in due anni (2021-2022) destinati a lavoro, imprese e sanità; investimenti per 200 miliardi per la ricapitalizzazione delle imprese, assicurando la produzione di materiale sanitario (è stata accettata la richiesta italiana di considerare «urgente» il fondo).
Ursula Von Der Leyen ha parlato di una «soluzione ponte». «Per Von Der Leyen il progetto dovrà contemplare un «giusto equilibrio tra prestiti agli stati e sovvenzioni finanziarie senza restituzioni», la descrive Roberto Ciccarelli. Un colpo al cerchio e uno alla botte, detto più rudemente, tra l’oltranzismo olandese dei soldi a ’debito nazionale’, e la proposta italo-franco spagnola sul debito condiviso .
«La presidente non ha dato maggiori dettagli, ma ha ipotizzato una mediazione tra un’obbligazione a lunga scadenza e interessi ridotti a carico degli Stati e il «bond perpetuo» senza rimborso e finanziato con tasse europee»,
I problemi politici ed economici non risolti dalla riunione, le divergenze, riguardano il maccanismo giuridico per le risorse dalla Bce, impegnata a garantire la sostenibilità dei debiti pubblici dei paesi più colpiti. «La diplomazia economica resterà contorta e conflittuale e, nei prossimi 15 giorni, tornerà nell’arena dell’Eurogruppo», la previsione di Ciccarelli. Non il pasticcio politico giornalistico tra Mes ed Eurobond, che è stata piccola e pasticciata partita politica in casa. «Il conflitto vero è sulla modalità di finanziamento di un fondo che non è l’Eurobond, mentre il Mes è passato, senza l’opposizione del governo italiano».
I problemi riguardano sempre la gestione del debito, le modalità del suo finanziamento. Quei due triliardi di euro, circa, ma divisi tra tutti i paesi. Sperando che siano sufficienti. A dire che ‘il Re è nudo’, il francese Macron. «Trasferimenti, e non prestiti ai paesi colpiti dalla crisi», ha detto Macron citando Spagna, Italia e Belgio come i Paesi più colpiti dalla crisi. «Credo che la nostra Europa non avrà un futuro se non sapremo dare questa risposta – ha aggiunto – se abbandoniamo queste regioni, se lasciamo cadere una parte dell’Europa, tutta l’Europa cadrà con essa».
Solo prestiti (con interessi e a rendere) per il governo austriaco. «Mutualizzazione del debito o eurobond sono inaccettabili. Continueremo a coordinare la nostra posizione con i Paesi che la pensano come noi» ha twittato il cancelliere austriaco Sebastian Kurz. «Per gli aiuti a fondo perduto lo strumento giusto è il bilancio pluriennale,» ha incalzato il premier olandese Mark Rutte. Angela Merkel, che sa di rappresentare il gigante economico alle spalle dei due poco credibili nani economici, riconosce il dissidio e abbassa i toni.
Fondo per la ripresa, se finanziato «con sussidi o prestiti». Ora Merkel avverte di due mini rigoristi sul futuro: «nella consapevolezza di dover trovare strade comuni».