
«Migranti. Il ricatto libico all’Europa: messi in mare 10 barconi. Ma nessuno soccorre», titolo Avvenire. «Mentre Italia e Malta chiudono ai salvataggi col pretesto della pandemia, nuova raffica di partenze: 4 ieri, 6 nei giorni precedenti. Si temono dispersi. Alan Kurdi allo stremo», spiega Nello Scavo dal ‘fronte’ di una guerra che non conosce tregua.
«Quattro barconi e nessun soccorso. Altri sei dati in pasto alle correnti nei giorni scorsi. E nella notte di Pasqua forse una nuova strage nel Mediterraneo». L’appello di Papa Francesco, quel «nessuno si salva da solo» pronunciato il 27 marzo che cade nel vuoto. «Dopo gli applausi della politica, questa settimana Italia, Malta e perfino Libia hanno deciso di serrare i porti, mentre in acqua non c’è alcuna nave di salvataggio. E i trafficanti hanno fatto partire più di mille persone negli ultimi giorni».
Il ricatto libico si ripresenta con le modalità di sempre.
«Dobbiamo fronteggiare gli attacchi di Haftar e non abbiamo equipaggiamento e risorse sufficienti anche per il controllo delle acque», spiega una fonte militare da Tripoli, lasciando intendere che serve altro denaro fresco per fermare le partenze.
Proprio mentre la nave Alan Kurdi si sta avvicinando alle acque territoriali italiane nessuno può più fermare né salvare i naufraghi. «In una sola settimana, dal 5 all’11 aprile 2020, oltre 1.000 persone su più di 20 barche hanno lasciato la costa libica», dichiara ‘Alarm Phone’, il servizio di emergenza per i naufraghi che da lunedì ha ricevuto chiamate da 10 imbarcazioni. Due sono state soccorse dalla Alan Kurdi. Altre 500 persone sono state respinte in Libia in soli tre giorni. Inoltre, la sorte di alcune barche rimane poco chiara».
Almeno 4 barconi senza alcun soccorso: 47 persone in area di ricerca e soccorso di competenza maltese, 55 in acque internazionali, 85 alla deriva in un tratto imprecisato e un quarto gommone con almeno 70 persone alla deriva in acque libiche. «Circa 250 migranti per i quali è stato chiesto un intervento, ma nessuna nave fino alla serata di ieri sembrava essersi mossa per le operazioni di ricerca». Numerosi voli dell’agenzia europea Frontex e di altre forze aeree internazionali sono stati segnalati per tutto il giorno nel Canale di Sicilia.
Certamente, come oramai avviene da almeno due anni, a segnalare (inutilmente) alla cosiddetta Guardia costiera libica il punto di recupero dei migranti.
A metà settimana un’altra imbarcazione con 66 persone a bordo, già nella zona Sar (di soccorsi in mare) Maltese, era stata soccorsa 40 ore dopo aver chiesto aiuto. Alcuni superstiti hanno raccontato che le Forze armate di Malta avrebbero tentato di tagliare il cavo del motore: «Vi lasciamo morire in acqua. Nessuno raggiungerà Malta».
«La tensione nel Canale di Sicilia è altissima, -avverte Nello Scavo-. Malta e Italia si sono dichiarate ‘luogo non sicuro’ a causa della pandemia. Tripoli si è accodata, pur senza una dichiarazione ufficiale, mandando un chiaro messaggio all’Europa, che aveva affidato alla Libia la cattura dei migranti in mare fornendo equipaggiamento e stanziamenti».
I naufraghi soccorsi a bordo della Alan Kurdi, l’Italia in piana pandemia che non è porto sicuro, e vecchie polemiche di politica interna che ritornano. Il medico italiano a bordo della nave della Ong tedesca, Caterina Ciufegni: «Abbiamo 149 migranti, più della metà arrivano dal Bangladesh, poi c’è un gruppo di marocchini, qualche ragazzo algerino e alcuni che provengono da Chad, Sudan, Ghana, Siria. Nessuno ha sintomi di Covid, febbre, tosse o difficoltà respiratorie, nonostante stiano esposti al vento sul ponte di poppa».
I naufraghi sanno che l’Italia è in pieno lockdown? «Sì e capiscono la situazione di difficoltà. Quando li abbiamo recuperati ci hanno subito chiesto notizie sul Covid. È gente che scappa dalle prigioni e dalle torture libiche, e il virus di certo non li ferma».