In dettaglio, i ministri delle finanze hanno trovato un accordo su quattro punti:
Queste ulteriori decisioni, che dovranno essere approvate dai governi nazionali, rafforzano, ma non completano il quadro di interventi europei che si era aperto con l’acquisto di bond nazionali da parte della BCE e con l’allentamento dei vincoli di bilancio concessi agli Stati. Decisioni, tra l’altro, che danno anche sostegno ai provvedimenti adottati in Italia per il finanziamento delle attività economiche andate in crisi a causa dell’endemia.
L’Europa dimostra di esserci, anche se con distinguo e precisazioni, prese di distanze e compromessi. Del resto normali in un complesso di Stati non ancora organizzati in Federazione. Soddisfazione per l’accordo raggiunto è stata manifestata da moltissimi esponenti politici della maggioranza. Critiche, come è fisiologico, dalle opposizioni. Anche se di queste ultime preme sottolineare la strumentalità.
Per prima cosa, ci chiediamo: come avrebbe fatto l’Italia, da sola, a fronteggiare un evento così catastrofico dal punto di vista sanitario ed economico? Certo, alla fine, un costo dovremo affrontarlo. Non è che un evento del genere possa essere indolore. Si paventano patrimoniali, nuove tasse, riduzioni di prestazioni. Probabile, ma ci troviamo alle prese con una realtà che nessun Paese ha vissuto dalla fine della seconda guerra mondiale.
Ma -ci chiediamo- eventuali sacrifici futuri non sono un costo accettabile rispetto alla prospettiva molto tangibile di trovarci improvvisamente senza stipendi, pensioni e prestazioni, data la pietosa situazione del bilancio pubblico italiano?
Soldi in cassa ce ne sono pochi e, nella situazione che stiamo vivendo, si sono affievolite le entrate, mentre le spese si sono moltiplicate. Forse molti italiani pensano che i soldi pubblici cadano dal cielo? Non è così. Grazie all’ombrello europeo, intanto, abbiamo conservato la nostra capacità di indebitamento a basso costo. Altrimenti, il famoso spread avrebbe preso il volo e le nostre tasse sarebbero servite solo a coprire gli interessi.
“Va bene -dicono i critici- ma gli eurobond, anche se sono ancora sul tappeto, non sono stati approvati”. Risposta: “d’accordo, su questo la solidarietà europea è venuta meno. E l’atteggiamento olandese è stato davvero deplorevole. Però, a mente fredda, perché altri dovrebbero accollarsi il rischio ed una parte del debito italiano”?
Gli effetti dell’“ombrello europeo” non si esauriscono qui. Sono quelli, anche psicologici e che soddisfano le famose agenzie di rating, di un complesso di Stati che si muovono in sintonia con forza. Una bella differenza con l’azione di un singolo Stato come l’Italia, afflitto da tempo da scarsa produttività, corruzione, inefficienza e debito pubblico crescente.
L’ “ombrello europeo” allunga la sua falda protettiva anche sulle decisioni di politica economica nazionale. Per esempio, i critici di opposizione avevano avanzato dubbi sul provvedimento emesso giorni fa dal Governo per garantire prestiti facilitati alle imprese allo scopo di aiutarne la ripresa. “Dove li trovate i finanziamenti”? avevano detto.
Precisiamo subito che sono garanzie e non di finanziamenti statali a fondo perduto, per cui lo Stato dovrebbe intervenire solo nel caso gli imprenditori, pur facilitati in tutti i modi, alla fine del periodo di sei anni, non siano in grado di adempiere ai propri impegni. Anche in questo deprecabile caso, l’“ombrello europeo” è lì pronto a fornire allo Stato italiano quanto necessario.
Auspichiamo, però, che a quel punto le straordinarie capacità di ripresa e di reazione degli italiani abbiano compiuto il miracolo di rimettere in carreggiata il Paese. Stiamo a casa, intanto, ma prepariamoci a rimboccarci le maniche. Per finirla, una buona volta, di dover pietire l’aiuto di questa Europa che non sempre si dimostra amichevole. Ed alla quale -bisogna ammetterlo- abbiamo fatto di tutto per renderci antipatici.