Covid+Brexit: nel Regno Unito Johnson ko e laburisti alla svolta

Downing Street, Johnson risponde a trattamenti clinici. Resta in rianimazione, non lavora, ma è cosciente.
I due tradizionali partiti britannici stanno attraversando un grave momento di difficoltà, anche se per motivi diversi. Su entrambi grava l’ombra dell’avvenuta Brexit anche se ora se ne parla poco. L’epidemia di Covid19, in un primo tempo presa sottogamba, sta infatti causando enormi problemi come accade in tutti i Paesi europei e non.

Boris, rassicurazioni non sicure

Nessuno ha ancora capito bene quali siano le reali condizioni di Boris Johnson. L’infezione patita dal premier è grave, ma pare non sia stato intubato. Certo non tranquillizza la notizia che, comunque, i medici tengono un respiratore a portata di mano, il che esclude che il premier possa presto riprendere le sue funzioni.
Ora il partito conservatore è nelle mani del giovane (46 anni) Dominic Raab, Ministro degli Esteri con lo stesso Johnson. Ironicamente, è stato proprio lui a condurre le trattative, a nome del Regno Unito, per l’uscita dall’Unione Europea. Il suo incarico attuale è tuttavia provvisorio e dipende interamente dal decorso della malattia di Johnson.

Labour senza Covid non molto meglio

Un po’ meglio – ma non troppo – stanno i laburisti. L’era Corbyn si è appena conclusa lasciando il Labour devastato dopo la pesante sconfitta elettorale subita. Il partito della sinistra britannica è sempre stato caratterizzato – un po’ come accadeva nel vecchio Partito Socialista Italiano – da una lotta accesa tra l’ala moderata e quella radicale (noi diremmo tra riformisti e massimalisti).
Con Jeremy Corbyn hanno prevalso per quasi 5 anni i radicali e, come molti osservatori avevano previsto, questo fatto ha causato la sconfitta elettorale, spingendo molti elettori moderati di area laburista ad astenersi o a preferire addirittura i conservatori. L’establishment del partito, a questo punto, ha effettuato una decisa sterzata.

Torna la ‘soft left’

Ecco quindi un leader nuovo assai diverso da Corbyn, e la scelta è caduta su Keir Starmer, 57 anni, noto avvocato e deputato di lungo corso alla Camera dei Comuni. Si tratta di un esponente dell’ala moderata che gli inglesi chiamano “soft left”, una via di mezzo tra il radicalismo corbyniano e il centrismo rivolto a sinistra di Tony Blair.
Da quanto se ne sa, Starmer non è un leader carismatico e avrà certamente il suo daffare per rimettere insieme i cocci di un partito dalla storia gloriosa e ora sotto shock a causa della summenzionata batosta elettorale. Indubbiamente il ritorno dell’ala moderata potrebbe consentire il recupero dei vasti settori dell’elettorato laburista spaventati dai progetti “socialisti” di Corbyn.

Nuovo Stato sociale

Ovviamente è troppo presto per capire come si muoverà realmente il nuovo leader. In primo luogo anche nel Regno Unito tutti si chiedono quando finirà la pandemia e come affrontare un “dopo” che si annuncia drammatico come quello italiano. E tutti attendono il decorso della malattia di Johnson, che sta bloccando in questo momento anche i conservatori.
Alcune previsioni si possono comunque fare. Come sempre accade quando nel Labour vanno al potere i moderati, diminuirà l’influenza dei sindacati inglesi (“Trade Unions”) sull’elaborazione della linea politica del partito. Non si parlerà tanto di socialismo e si insisterà piuttosto sul potenziamento di infrastrutture e Stato sociale.

Dopo Covid assieme al dopo Brexit

I laburisti moderati hanno sempre avuto il problema di distinguersi in modo netto dai conservatori, anche se il compito è meno facile di quanto si potrebbe immaginare. La “soft left”, infatti, a differenza di Corbyn, non mette in discussione le alleanze tradizionali e, soprattutto, il rapporto privilegiato con gli Stati Uniti in politica estera. Sul piano interno, invece, è favorevole a estendere le misure di “welfare” pur tenendo conto dei limiti di spesa.
In ogni caso è evidente che mai come ora i due partiti tradizionali della politica inglese debbono cercare di darsi un’identità precisa. A pandemia finita si capirà con maggiore chiarezza quali sono le conseguenze della Brexit ma, per ora, il Regno sta con il fiato sospeso. Molti italiani sorridono quando si parla della regina Elisabetta, ma non v’è dubbio che il suo messaggio televisivo abbia attenuato la tensione in un Paese che ancora non sa cosa lo attende dietro l’angolo.

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