
Vanno bene gli applausi dalle finestre, le canzoni lanciate a una certa ora. Ma non dimentichiamo la base della socialità: il saluto, l’augurarsi la salute quindi.
Qui sul corso risuonava Bandiera Rossa. Dalla mia finestra Annarella: …non dire una parola che non sia d’amore. Poi Tommaso ha fatto rullare i tamburi, più distante canti e suoni, cori antichi e silenzi. Ma non importa. Viva la musica dai balconi e i saluti da finestra a finestra. Ma non serve un flashmob per restare umani… esorcizziamo come vogliamo queste paure, la frustrazione, la solitudine, ma non solo su richiesta social.
Ci vuole poco. Basta salutare le persone che si incontrano, sempre. Con un buongiorno (a distanza) invece di tenere il muso lungo come se l’altro che incontri per strada o affacciato alla finestra o nella fila infinita alla Coop fosse il nemico. Non è difficile. Viviamo più cordiali. Il cuore se ne avvantaggerà.
Un sorriso e un saluto, magari chiamando per nome l’altro. È sempre bello chiamare per nome le persone che si conoscono, essere riconosciuti e essere chiamati per nome. Ma se la persona è sconosciuta non fa niente, il saluto vale doppio.
D’altra parte salutare è salutare. Dal latino vuol dire: augurare salute. Basta un sorriso, un cenno della testa o della mano da lontano, un ciao, un buongiorno, per augurare salute. E quando ci si incontra e ci si saluta, ancora meglio se si dice: salve! che in latino vuol dire: stai bene! Che cosa c’è di meglio in questi giorni difficili in cui restiamo a casa a usare nel modo migliore il tempo. Che cosa c’è di meglio che riacquistare gentilezza, cura per l’altro, augurando salute. E se poi uno non vuol dire: salve (e a me piace tanto), può usare qualunque forma cortese, e anche la frase di commiato: stammi bene. Che è la stessa cosa. Torniamo ad augurarci il bene, la salute, la bellezza. Con soavità. Ma non solo ad uso dei social, nella vita. Con cordialità e coraggio, quindi con cuore.