Erdogan sempre più solo usa i profughi come arma ma torna da Putin per una tregua

Ankara minaccia ma poi subisce

Almeno 33 soldati turchi uccisi in bombardamenti di Damasco e forse anche russi, ma Mosca ha precisato che la responsabilità è tutta della Turchia che non aveva informato della presenza di sue truppe tra i miliziani islamisti. E’ accaduto nella provincia siriana di Idlib, dove Erdogan aveva lanciato il suo ultimatum a Damasco: «ritiro o le truppe turche avanzeranno». Adesso dovranno essere probabilmente la truppe turche a doversi ritirare, abbandonando alla loro sorte i miliziani quaedisti che sta ancora proteggendo a Idlib. Erdogan d’azzardo, puntata militare perdente, cambia partita e libera i profughi sull’Europa ad allargare la folla dei suoi nemici.

La Russia veramente non sapeva?

Turchi colpiti per errore? «Difficile pensare che il comando russo non ne fosse a conoscenza –il più che legittimo sospetto di Chiara Cruciati sul Manifesto-  12 postazioni turche in territorio in cambio del travaso di islamisti dalla provincia nord-ovest siriana». Ma qualcuno faceva il furbo e ora si ritrova con il cerino in mano per merito di Putin. «Lo ha allontanato da Nato e Stati uniti, lo ha fatto entrare nella propria orbita e ora lo mette all’angolo a Idlib, l’enorme contraddizione siriana, dove il secondo esercito della Nato protegge qaedisti (l’’ex Fronte al-Nusra, apice della piramide di gruppi più o meno ampi e più o meno islamisti) e che tenta di ritagliarsi il suo posto al sole in un paese disastrato».

Gli strateghi e i disperati

«Il gioco della parti lo sconta la popolazione civile, tre milioni di persone -almeno la metà sfollati da altre zone della Siria- che tentano da mesi la fuga dagli attacchi aerei delle aviazioni governativa e russa». Sappiamo di un milione di persone (di cui la metà bambini) che è riuscito a scappare a nord, verso il Rojava ex curdo ora occupato in parte dai turchi. «Le loro condizioni sono terribili, denunciano le organizzazioni umanitarie: mancano rifugi, tende, coperte, medicinali, mentre l’inverno fa scendere le temperature e uccide». E Il governo turco li usa. «Ordina di aprire le frontiere per salvarli dai bombardamenti, quando l’obiettivo è un altro, fare pressioni sulla fortezza-Europa perché lo appoggi».

Esercito Nato pro qaedisti

Vendetta tremenda vendetta, promette Ankara. Che racconta alla propria opinione pubblica di 200 attacchi, della uccisione di ‘309 truppe del regime’, e della distruzione di «cinque elicotteri siriani, 23 carri armati, 10 veicoli blindati, 23 cannoni, due sistemi di difesa aerea e tre depositi di armi». Tutto in poche ore e senza alcuna conferma da altra fonte. «Intanto la Russia sposta due fregate da Sebastopoli alle coste siriane. E così ieri, a 12 ore dal bombardamento che uccide i 33 soldati turchi, Ankara chiedeva alla delegazione russa nella capitale turca un cessate il fuoco immediato mentre Erdogan e Putin si sentivano al telefono».

Ora Ankara chiede tregua

Un incontro faccia a faccia tra Putin ed Erdogan al più presto. «I due si sono detti concordi, aggiunge in una nota il Cremlino, sulla necessità di nuove misure per normalizzare la situazione». «Mosca pretende da Ankara un passo indietro, vuole che si dissoci dai gruppi islamisti, che li porti via dalle zone di de-escalation e che gli impedisca di colpire l’esercito siriano impegnato nella ‘reconquista’». Erdogan ha chiamato anche la Nato, spiga Chiara Cruciati. Ma è la Turchia ad essere ‘con gli stivali in un altro paese’. Difficile parlare di auto-difesa, e niente articolo 5 del trattato atlantico di comune difesa in caso di attacco. Trump promette amicizia e niente altro.

Ricatto all’Ue, non solo profughi

Erdogan ricatta gli europei minacciando ondate di profughi sulla rotta balcanica che comincia in Grecia. Ma attenti, avverte Alberto Negri, «non è detto che non lo possa fare anche in Libia dove tiene per il bavero il governo di Tripoli sotto attacco del generale Haftar, alleato dei russi. Nelle guerre comunicanti di Siria e Libia tutto è possibile». Sostegno formale Usa e Nato, «Ma nessuno dei due dimentica che Erdogan ha acquistato dai russi il sistema missilistico S-400, è diventato il principale partner del gas di Mosca e che, nell’ottobre scorso, ha massacrato i curdi siriani, i maggiori alleati Usa e dell’Occidente nella lotta al Califfato».

Chi si combatte a Idlib

A Idlib e provincia, nel 2011 vivevano 1,2 milioni di persone e adesso sono almeno tre, con profughi e ribelli provenienti da tutti i precedenti scenari di guerra. Impietoso Negri: «Un eventuale appoggio a Erdogan significa anche un aiuto alla coalizione jihadista di Hayat Tahir al Sham, l’ex fronte al Nusra affiliato ad al Qaeda. Gli stessi soldati turchi sono mescolati ai ribelli, e non è una novità perché Erdogan ha appoggiato in questi anni i jihadisti e fatto intese con l’Isis in funzione anti-curda e anti-Assad». «In poche parole, ucciso Al Baghadi, lui è diventato il vero ‘califfo’ degli estremisti che ha spostato truppe turche anche a Tripoli per difendere il governo di al Sarraj in violazione dell’embargo».

Erdogan tra storia e precipizio

I cinque fronti politico militari aperti di Erdogan. «Due di guerra, in Siria e Libia. Uno interno, sempre più insofferente sia verso i profughi siriani che nei confronti delle sue avventure militari in combutta con i jihadisti. Il quarto fronte è quello del ricatto dei profughi nei confronti dell’Europa che lo paga per tenerseli. Il quinto, il più importante, è con Vladimir Putin. Erdogan deve decidere se tentare di vincere guerre che forse non può vincere o venire a patti con il suo alleato strategico russo che gli consente di essere il più grande hub del gas nel Mediterraneo, e continuare a giocare con Usa ed Europa. Forse sarà Putin a decidere per lui», conclude Alberto Negri.

AVEVAMO DETTO

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