Scontri a Delhi: 33 morti. Chiesto il coprifuoco

L’India che presto avrà tre miliardi di armi americane in più, la guerra se la fa in casa grazie all’istigato nazionalismo indù del suo premier Modi.

Un Paese che sembra esplodere

«L’India continua a bruciare, mentre sale il bilancio delle vittime dell’ondata di violenza scatenata dalla legge che di fatto esclude gli immigrati di fede musulmana dall’ottenimento della cittadinanza indiana», la cronaca dell’attento Avvenire. «Così ieri, il giorno dopo la partenza di Donald Trump, il governatore di Delhi, Arwind Kejriwal, ha chiesto di imporre il coprifuoco e l’intervento dell’esercito nelle aree est della capitale colpite dai disordini e dagli scontri tra indù e musulmani che finora hanno provocato almeno 33 morti e quasi 200 feriti».

Ferocia nazionalista

I disordini, iniziati domenica scorsa, sono in protesta contro la nuova legge, la ‘Citizenship Amendment Act’, voluta dal governo Modi, che concede la cittadinanza indiana agli immigrati di Bangladesh, Afghanistan e Pakistan, ma la nega alle minoranze musulmane di quei Paesi, che poi somno inn realtà la stragrande maggioranza dei disperati in fuga da guerre ben note.

Ora Modi invoca la fratellanza

In un tweet il premier Modi, si fa moderato a pacifista: «Mi appello alle sorelle e ai fratelli di Delhi perché mantengano sempre la pace e la fratellanza. È fondamentale che si ritorni al più presto alla normalità». Da parte sua la presidente del Partito del Congresso, Sonia Gandhi, ha chiesto le dimissioni del ministro degli Interni Amith Shah per non esser stato in grado di bloccare le violenze e avere così consentito che la situazione degenerasse.

Violenza assoluta e linciaggi

C’è voluta un’ingiunzione dell’Alta Corte di Delhi perché gli agenti di polizia creassero un corridoio di sicurezza per permettere a 20 feriti, sino a quel momento trattati in un ambulatorio di quartiere, di essere trasferiti in ospedale. «Un giudice della Corte Suprema ha criticato la passività della polizia sostenendo che, se gli agenti avessero fatto il loro dovere, molte vite sarebbero state risparmiate. Le violenze sono le più gravi registrate a Delhi dal 1984» (anche allora, per ragioni politoco religiose tran induisti e islamisti).

Scontri organizzati

 Gli scontri, iniziati domenica pomeriggio tra manifestanti favorevoli alla legge sulla cittadinanza e oppositori sono degenerati, nei giorni successivi in una serie di attacchi da parte di gruppi organizzati, armati anche con armi da fuoco, che si sono scatenati contro le comunità musulmane di quelle aree, devastando e bruciando negozi, case, laboratori, moschee e spesso aggredendo selvaggiamente le persone in strada.

Addio a Trump facendo finta

Mentre Delhi est bruciava, nel centro della capitale era in corso la visita del presidente americano Trump, che è ripartito senza che la tensione avesse ripercussioni sulla sua agenda. «Chiese, parrocchie, scuole e istituzioni ecclesiali nell’arcidiocesi di Delhi –ascrive Avvenire- stanno offrendo soccorso alle persone ferite negli scontri, in particolare tra la comunità indù e quella musulmana». Soccorsi alle persone colpite in termini di riparo, cibo e vestiti, ha sollecitato l’arcivescovo di Delhi.

Legge incostituzionale

E’ dal dicembre scorso che i cittadini indiani stanno protestando per la controversa legge. Partiti e critici dell’opposizione sostengono che la legge è incostituzionale in quanto subordina la concessione della cittadinanza a un fattore della propria sfera privata, come la fede professata da una persona. la legge, si osserva contribuisce a emarginare e penalizzare ulteriormente la consistente minoranza dei musulmani indiani, che conta 200 milioni di cittadini.

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