Idlib, tragedia umanitaria e sporca partita Erdogan Assad Putin e Trump

Gli Usa con Erdogan e Al Qaida

Idlib non deve cadere: gli americani stavolta sono d’accordo con Erdogan. «La Turchia ha diritto a difendere i suoi interessi in Siria e gli Usa sostengono sempre un alleato Nato». Così ha detto alla tv turca Ntv James Jeffrey, ‘Pinocchio’  speciale Usa per la Siria. Dire per nascondere il non dicibile. Alberto Negri, per suo mestiere, va invece al dunque:

«Gli americani hanno preso posizione a favore di Erdogan e quindi anche dei qaidisti di Idlib sotto assedio siriano e russo».  

«Nel triangolo Usa-Turchia-Russia per la divisione delle zone di influenza, Washington, a quanto pare, ha deciso di sparigliare inserendosi nelle crepe sempre più evidenti di quel dialogo tra Mosca e Ankara su cui sembravano reggersi le sorti di vasto un arco strategico che va dalla Siria alla Libia».

Tragedia umanitaria

Alessia De Luca, dell’Ispi, studi di politica internazionale, unisce l’analisi politica al dramma umanitario in corso. «L’ondata di gelo anomala che sta investendo il Medio Oriente non fa sconti neanche ai profughi. In particolare alle oltre 800.000 le persone assiepate in accampamenti  al confine con la Turchia, per sfuggire all’offensiva di terra lanciata a fine dicembre dall’esercito siriano su Idlib, ultimo bastione delle milizie ribelli che combattono il presidente Bashar al Assad. Di questa umanità all’addiaccio, sferzata dai venti di un inverno particolarmente rigido nella regione, il 60% sono bambini. Almeno una decina, finora, sono morti di freddo.

Ma è il campo di battaglia a far paura

Ma a preoccupare le persone, ancor più delle temperature gelide, sono le notizie dal campo di battaglia: per la prima volta dall’inizio del conflitto nove anni fa esercito siriano e militari turchi sono arrivati allo scontro frontale diretto. Forse la tregua tra Ankara e Mosca, alleata di Damasco, è saltata? E il presidente turco Recep Tayyip Erdogan metterà a rischio i suoi interessi strategici e gli accordi con la Russia nel settore dell’energia pur di portare avanti la ‘sua’ agenda siriana? È improbabile. Ma per il momento la situazione sul campo rimane incandescente, e a pagarne il prezzo sono ancora una volta i civili.

Trottola Trump anti Russia Iran

«A Idlib si combatte quella che potrebbe essere l’ultima grande battaglia dell’agonia siriana o la prima di un conflitto più ampio che opponendo la Turchia ad Assad, quindi a Mosca e a Teheran, si riverbera dal Medio Oriente alla Libia e oltre», valuta Alberto Negri. Una mossa americana da leggere in chiave anti-russa ma soprattutto anti-Iran, ma forte rischio. «Gli Stati Uniti, già presenti con le loro truppe, tornano adesso, dopo il disastroso ritiro dal Rojava in ottobre, nel cuore della partita siriana appoggiando quella Turchia che in questi anni ha giocato in maniera spericolata le sue carte».

Turchia Erdovolubile  

Negri puntiglioso e preciso, sul Manifesto riassume le furberia di Ankara a gestione monocratica ‘’erdoganiana’ sul caso Siria, senza insistere sulle drammatiche conseguenze a tutti noi note: 1) sostegno ai Fratelli Musulmani e dei jihadisti contro Assad; 2) tra Mosca e l’Occidente, accordi con i russi, bellici (S-400), economici (Turkstream) e diplomatici (Astana); 3) tre grandi operazioni militari contro i curdi (agosto 2016, gennaio 2018 e ottobre 2019); 4) manovrando i jihadisti siriani per inviarli nel quadrante libico.  «E ora Idlib è l’epicentro non solo di una battaglia ma anche di una crisi umanitaria di grandi dimensioni che comprende giganteschi spostamenti di popolazioni dentro e fuori la Siria e una sorta di pulizia etnica che coinvolge entrambi i fronti di guerra».

‘Pulizia etnica’, storia ottomana

«Questo è in fondo l’obiettivo ultimo del conflitto siriano: una ricomposizione demografica dove la Turchia vuole sostituire con gli arabi sunniti i curdi siriani nei territori strappati al Rojava mentre Assad intende diminuire il peso della componente sunnita maggioritaria che aveva innescato la rivolta del 2011». Il ricatto di Erdogan -3,5 milioni di rifugiati siriani suoi ‘ospiti’- è scoperto ma resta micidiale. La sua intenzione è molto più sporca. «Ricollocare dentro al confine siriano un milione di rifugiati arabi che dovrebbero rimpiazzare i curdi».

I jihadisti armati da Ankara

«Prima della guerra nella provincia di Idlib vivevano un milione di persone, ora sono oltre tre milioni con 600 mila profughi ammassati in campi di raccolta e tendopoli di fortuna: in questa area negli ultimi tre anni di guerra sono confluiti siriani provenienti da ogni parte del Paese e Idlib è diventata la roccaforte dell’ex fronte al Nusra affiliato ad Al Qaida, insieme ad altri gruppi ribelli che obbediscono a Erdogan». La Turchia, sappiamo anche, ha spostato circa 2mila jihadisti dalla Siria alla Libia per sostenere Tripoli contro il generale Haftar appoggiato da Mosca. Ecco perché gli accordi sulla tregua in Libia sono fragili, benché appena sanzionati dal Consiglio di Sicurezza Onu con l’astensione proprio di Mosca.

Il gioco delle parti

«Finora il gioco delle parti tra Putin ed Erdogan aveva retto, dopo che Mosca e Ankara erano arrivati nell’autunno del 2015 sull’orlo del conflitto per l’abbattimento di un caccia su Sukhoi. Pur di mantenere in sella Assad, la Russia era giunta ad accordi con la Turchia e per oltre due anni questa strana alleanza ha funzionato, messa alla prova anche dal ritiro americano dal Nord della Siria che aveva lasciato campo libero ai turchi per massacrare i curdi siriani. La Russia quindi è intervenuta insieme alle truppe siriane per contenere l’avanzata turca nel Rojava limitando la “fascia di sicurezza” di Ankara».

Ora la quasi guerra turchi siriani

«Putin è furibondo perché Erdogan non rispetta i patti per l’evacuazione da Idlib di ribelli e jihadisti e la riapertura delle autostrade che collegano Damasco ad Aleppo e all’area costiera». Erdogan non ci pensa proprio e la Turchia -sfacciatamente- ha inviato in queste settimane truppe e rifornimenti. Ankara è inferocita perché la truppe siriane stanno prendono di mira oltre ai ribelli anche i loro militari, decine di soldati turchi morti possono costare caro anche al ‘Sultano’ despota.

«Così adesso gli americani hanno preso posizione a favore di Erdogan – che ha consegnato la pelle di Al Baghadi a Trump in cambio del Rojava – e quindi anche dei qaidisti di Idlib: alla faccia della guerra al terrorismo e dei curdi siriani che hanno combattuto l’Isis e i jihadisti».

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