
Ieri la giornata internazionale contro l’uso dei bambini sodato, un fenomeno che purtroppo è ancora diffuso in diverse parti del mondo. Se in passato è accaduto che dei bambini venissero rapiti per essere impiegati nei conflitti, oggi –denuncia l’organizzazione Onu per la difesa dell’infanzia- «si assiste a veri e propri reclutamenti volontari, frutto di un indottrinamento e di un generale deterioramento delle condizioni economiche tale per cui la vita sotto le armi è paradossalmente meglio di quella civile».
Lo ricorda Archivio Disarmo con la pubblicazione di un numero speciale di ‘IRIAD Review’ con il paper di Serena Doro Minori sui conflitti armati. «Quanto è ancora diffuso nel mondo l’utilizzo dei bambini soldato?», mensile disponibile on line sul sito www.archiviodisarmo.it.
A livello giuridico arruolare minori è vietato da diverse convenzioni e trattati internazionali (la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 1989, lo statuto della Corte Penale Internazionale, i Principi di Parigi del 2007 o la Carta Africana sui Diritti e il Benessere del Bambino), ma livello pratico, purtroppo, sono ancora moltissime le organizzazioni nel mondo che ricorrono a manodopera infantile per svolgere compiti direttamente legati ai conflitti armati. «Non esiste a livello internazionale nessuno strumento che sanzioni chi si macchia di tali crimini senza aver ratificato le sopracitate Carte di Diritti, essendo quest’ultime, vincolanti solo per i contraenti».
Dietro pressione della società civile, anche per rimediare a questa grave inefficienza del diritto, è nata a fine anni ’90 un’agenzia delle Nazioni Unite, Children and Armed Conflict, incaricata di proteggere i bambini coinvolti in conflitti armati, raccogliere informazioni e dati relativi alle violazioni nel mondo a danno di minori, sensibilizzare l’opinione pubblica e promuovere la cooperazione internazionale «per migliorare lo status dei ragazzi costretti a vivere nel mezzo di un contesto bellico». Poca cosa rispetto all’orrore di quel sopravvivere dentro una guerra sempre disumana.
Le guerre, secondo l’Onu, sono responsabili di almeno sei gravi violazioni che la vita di bambini e ragazzi: 1) arruolamento e uso di minori in contesto bellico, 2) uccisione o mutilazione, 3) violenza sessuale, 4) attacchi a scuole o ospedali, 5) rapimento e 6) negazione dell’accesso agli aiuti umanitari.
Ogni anno il Segretario Generale delle Nazioni Unite compila un rapporto in cui vengono elencati tutti i Paesi, i gruppi e le Forze armate che si sono macchiati di uno o più crimini elencati sopra. Una pratica che, oltre a identificare i colpevoli, avverte e segnala all’opinione pubblica mondiale anche tutti i Paesi che attraverso la compravendita di armi o accordi di natura militare o commerciale, diventano a loro volta indirettamente complici dei reati.
Rapporto 2019 sulla situazione nel 2018: 24mila violazioni a danno di minore in almeno venti conflitti armati, bambini uccisi o mutilati più di 12mila, arruolati oltre 7.000. I bambini soldato tra i 250 e i 300mila.
Arruolare o ricorrere a bambini soldato è oggi più facile anche a causa dell’ampia diffusione e facile reperibilità di armi leggere e di piccolo calibro, attrezzature che non hanno bisogno della forza fisica di un adulto per essere impiegate. Tra le armi più diffuse, il Kalashnikov AK-47, peso tra i 3,5 e i 2,8 kg, facilmente smontabile e la cui manutenzione non richiede particolare cura, diffuso in 100 milioni circa in Africa, Asia e Medio Oriente, e il fucile mitragliatore M16, dalle caratteristiche tecniche simili e diffuso in 8 milioni di esemplari nel continente americano, in Europa, in India e in Arabia Saudita.
Oggi si stima che le armi leggere in circolazione nel mondo siano 1.013 milioni, di cui 857 (circa l’85%) in mano a civili. Di queste solo il 12% è registrato. Facile intuire come ‘non-regolamentazione’ unito a un’alta reperibilità rende facile armare i bambini e gli adolescenti reclutati. L’Italia -riconosce l’Onu- è sempre stata in prima linea nel difendere i diritti dell’infanzia ratificando tutte le convenzioni e i trattati che si occupano di tutelare bambini e adolescenti. Purtroppo ha anche firmato accordi di cooperazione militare con alcuni tra gli Stati ritenuto colpevoli di commettere, o aver commesso, abusi a danno di minori. Stati come Ciad, Niger, Nigeria, Repubblica del Congo, Mauritania e Somalia.
«Un’ulteriore riflessione va fatta anche sulle missioni militari operative che l’Italia continua a mantenere in Afghanistan, Somalia e Iraq, tutti Stati nei quali, da oltre dieci anni, si sono registrati abusi, sfruttamenti e arruolamento di minori», denuncia tra gli altri Avvenire. L’Afghanistan è dal 2009 come esempio negativo di Governo responsabile di atrocità e abusi (tra cui anche il reclutamento). «Paese principale destinatario dei fondi che il nostro Governo stanzia per la cooperazione allo sviluppo è la Somalia, dove, lo scorso anno, è stato registrato il numero più alto di arruolamenti minorili, 2.300».
Nel caso dei bambini e adolescenti reclutati dal Daesh (l’ex Isis o sedicente Stato Islamico), gli arruolamenti sono stati frutto di un indottrinamento religioso su intere comunità e famiglie. «Un elemento che condizionerà anche il futuro reinserimento in comunità degli ex-combattenti e con cui la comunità internazionale sarà chiamata a confrontarsi e interrogarsi quanto prima se si vorranno impedire ulteriori radicalizzazioni nocive per la pace e la sicurezza internazionali».
«L’indottrinamento, la persuasione e la manipolazione mentale sono atti coercitivi quanto i rapimenti fisici, costringono i minori a fare scelte contrarie al proprio benessere e al proprio interesse. È sempre la volontà viziata di un adulto, alla fine, a decidere la sorte e il destino di un minore».