
Ancora una volta l’irascibile Erdogan. «A Idlib il regime, le forze russe e i militanti sostenuti dall’Iran stanno attaccando la popolazione civile», ha accusato ieri il presidente Turco. E poi la minaccia. «Se anche un solo soldato turco a Idlib sarà ancora ferito spareremo dappertutto, senza essere vincolati dai confini del memorandum di Sochi». Ma i soldati turchi non solo vengono feriti, ma anche uccisi. Ed ecco che martedì, vicino Neirab, gli islamisti hanno abbattuto un Mi17 siriano di fabbricazione russa. «Il sistema di difesa, dicono fonti a Middle East Eye, lo avrebbe fornito la Turchia», precisa Yurii Colombo da Mosca.
Turchia bersaglio e soldati uccisi anche per colpa dei raid aerei russi? Una ricostruzione rigettata dal quartier generale russo siriano, che rilancia con peggiori accuse: più di 150 civili sono morti in Siria a gennaio a seguito dei bombardamenti del gruppo Hayat Tahrir al-Sham (l’ex al-Nusra, la al Qaeda siriana). Non detto ma sottinteso, integralisti islamisti favoriti e spesso coperti se non armati dalla Turchia. «In questo quadro le azioni delle truppe siriane nella provincia di Idlib sono una risposta alle continue provocazioni dei terroristi», afferma la nota militar diplomatica russo siriana congiunta con destinatari anche in casa Nato.
Dmitry Peskov, in nome e per conto di Putin: «La Turchia si era impegnata a neutralizzare i terroristi, questi continuano ad attaccare le truppe siriane e le strutture militari russe, è inaccettabile». Ancora più severa la numero 2 del ministero degli esteri, Marya Zacharova: «Le ragioni del degrado che osserviamo in questi giorni sono dovute alla cronica incapacità della Turchia ad adempiere ai suoi obblighi del memorandum di Sochi del 2018 e del trasferimento da parte di Ankara delle unità controllate della cosiddetta opposizione moderata armata nel nord-est della Siria». Poco dopo il sito della presidenza russa la notizia di una telefonata tra Putin e Erdogan in cui si parla genericamente «di lavorare alla pace».
Solo qualche settimana fa, Putin ed Erdogan difendevano il progetto comune Turkish Stream dagli attacchi di Trump e speravano di trovare il bandolo della matassa della pace in Libia sotto la loro egida. Ma gli umori strategici del leader turco sono variabili, più alla Trump che alla Putin, e i morti turchi -azzardo militare- non aiutano. A cercare di calmare le acque (agitate questa volta anche dalla parti del Cremlino),« ci proverà una delegazione turca con 4 generali volerà presto a Mosca -annuncia Marco Ansaldo-, ricambiando la visita di una delegazione russa ad Ankara».
«Nella provincia di Idlib, Assad sta consolidando il controllo del centro di Saraqib con il sostegno di Mosca e Teheran. Ankara ha inviato rinforzi verso i 12 check point che gestisce nella zona, con 9.000 militari impegnati». Ed è Putin di persona ad essere chiamato in campo ad evitare lo scontro diretto. Erdogan che vuole ottenere la garanzia che i suoi soldati possano continuare a pattugliare le province di Afrin e Jarabulus. L’intento di Ankara è di evitare che le due zone, sottratte negli ultimi anni all’Isis e ai guerriglieri curdi, terminino in mani siriane una volta che Assad abbia preso il controllo di Idlib, dimenticando che si tratta di territori siriani e non turchi.