
Coronavirus: oltre 14.300 i contagi totali in Cina, 304 i morti. Wenzhou si isola, chiuse tutte le strade. Restrizioni ai movimenti dei residenti per frenare il contagio. Un uomo è morto ieri nelle Filippine a causa coronavirus, primo decesso fuori dalla Cina.
E’ atteso per stamattina il volo di rimpatrio degli italiani in Cina. A bordo 56 italiani (dieci hanno scelto di restare). Gli italiani atterreranno all’aeroporto militare di Pratica di mare intorno alle 10 e da lì saranno accompagnati alla Cecchignola, ospedale militare di Roma, per due settimane di ‘quarantena’.
Sono già 443 in tutto il mondo le persone dimesse dopo avere contratto il coronavirus. La maggior parte delle guarigioni è stata finora registrata in Cina, epicentro dell’epidemia, ma alcuni casi sono segnalati anche in Thailandia (5), Australia (2), Giappone e Vietnam (1 ciascuno).
«Di sicuro, sul coronavirus si stanno addensando sempre più preoccupazioni e paure. In un certo senso, è fisiologico: ogni epidemia genera un’ondata di paura, a maggior ragione in un’epoca interconnessa come la nostra», annota Leonardo Bianchi sul Manifesto.
«Se mettiamo insieme un’emergenza sanitaria globale, del giornalismo scadente, la tuttologia che impera sui social e un pizzico di razzismo il risultato è la bomba di disinformazione a cui stiamo assistendo sul corona virus», ma Leonardo Bianchi è troppo buono.
«Se da un lato le autorità sanitarie nazionali stanno facendo di tutto per tranquillizzare le popolazioni, dall’altro lato c’è chi approfitta di questo clima di incertezza per diffondere notizie false, video decontestualizzati (come quello dei cittadini cinesi che «cadono a terra colpiti dal morbo») e teorie del complotto – vuoi per fini di lucro e scopi politici, o per incrementare il traffico, o ancora per la convinzione che non ci vogliono dire come stanno veramente le cose».
«Il meccanismo è molto simile a quanto già visto con Ebola nel 2014: basta mescolare brandelli di verità con la finzione, attingere dal vasto immaginario dei disaster movie o del survival horror (pensiamo a film come 28 giorni dopo, o videogiochi come Resident Evil) e seminare caos e sospetti».
«I social network sono i luoghi in cui certe teorie nascono e si propagano, ma è solo grazie ai media tradizionali – in primis la televisione – che riescono ad assumere una rilevanza di massa e diventare oggetto di discussione nella quotidianità».
Il 25 gennaio il direttore di TGCom24 Paolo Liguori ha rivelato di aver appreso da «una fonte attendibilissima» che «tutto nasce dal laboratorio di Wuhan, in cui si conducono esperimenti militari coperti dal più grande segreto». Il coronavirus sarebbe dunque un’«arma batteriologica» sfuggita al controllo dei cinesi. Peccato che la «fonte affidabilissima» di Liguori non sia né una ‘fonte’, né tanto meno sia attendibile. «Si tratta in realtà di un articolo della screditatissima testata americana Washington Times – da non confondere con il noto Washington Post – in cui si dà per assodata l’origine ‘militare’ del virus sulla base di pure congetture». Vergogna per Liguori e per Mediaset che ancora se lo permette.
La leggenda del «laboratorio segreto» è stata smentita più volte, ma ciò non ne ha impedito del tutto la diffusione. Anzi. Il 29 gennaio, l’europarlamentare del M5S Fabio Massimo Castaldo ha comunicato su Facebook che presenterà un’interrogazione parlamentare «per conoscere a fondo la realtà dei fatti» sul laboratorio di Wuhan (che esiste sul serio, ma non conduce esperimenti da film degli anni ’80).
Giovedì 30 gennaio, a ‘Coffee Break’ su La7, il cospirazionismo sulle origini del virus cambia colpevole. «Il fondatore del partito «sovranista» Vox Italia, Diego Fusaro, ha detto che il coronavirus ha “un’intelligente strategia filo-atlantista perché emerge proprio nel momento di massima criticità del rapporto tra USA e Cina e va a scompaginare il mondo cinese mettendolo in ginocchio». Non esistono prove, e di certezze nemmeno l’ombra; ma poco importa: «siamo nel tempo delle guerre batteriologiche e delle armi chimiche di distruzione di massa – chiosa Fusaro – quindi non trascurerei questa pista». Forse un po’ più di prudenza nell’invito degli ospiti aiuterebbe la qualità del giornalismo.
Un’altra teoria del complotto sostiene che il coronavirus è stato creato da un istituto di ricerca inglese – il Pirbright Institute – che produce vaccini. Vaccino pronto dal 2015 e l’epidemia di coronavirus per l’affare del secolo qualche migliaia di morti dopo. «Questa tesi è circolata inizialmente negli ambienti antivaccinisti statunitensi ed è arrivata in Italia su Facebook, Twitter e YouTube». Peccato che il Pirbright Institute accusato di essere peggio di Menghele, si occupa di malattie infettive che colpiscono il bestiame.
«E non è finita qui, perché in uno spin-off della teoria del «coronavirus brevettato» – sempre provenienti da complottisti americani di estrema destra – il supercattivo diventa Bill Gates: il fondatore di Microsoft non solo ha finanziato il Pirbright Institute attraverso la sua Gates Foundation; ha addirittura «previsto» l’epidemia di coronavirus, aggiungendo che ucciderà 65 milioni di persone. Trama assassina dell’«élite globalista» che vuole obbligare la popolazione a vaccinarsi, «e contemporaneamente intende sterminarla per salvare il pianeta dai cambiamenti climatici».
Alternativo ai grandi complotti planetari, le catene di Sant’Antonio su WhatsApp che lanciano scemenza in libertà e allarmi di ogni tipo. Una invita a «non andare nei negozi cinesi perché molti commercianti cinesi […] hanno continui contatti con la catena di distribuzione nei loro ingrossi in Cina». Un’altra –sempre il meticoloso Leonardo Bianchi- avverte di stare a larga dai ristoranti cinesi in Italia, dove si mangia la «zuppa di pipistrello».
Bufale e teorie del complotto assurde ma non innocue. «Negli ultimi giorni si sono infatti verificate aggressioni fisiche e verbali, e sono tornati prepotentemente di moda antichi stereotipi razzisti sul cibo, sull’igiene e sulla predisposizione ‘malvagia’ dei cinesi». Un recentissimo caso di sinofobia su un Frecciarossa. Peggio, due fratelli in provincia di Rovigo lasciati fuori da scuola perché i genitori dei compagni «non vogliono bambini cinesi».