
La III Repubblica francese, nata nel 1870 dopo la sconfitta di Napoleone III, considerava tra i propri valori fondanti gli ideali di uguaglianza risalenti alla rivoluzione francese, ma fu toccata da numerose ondate di antisemitismo suscitate da elementi reazionari o nazionalisti estremi. La più famosa – tornata oggi all’attenzione del grosso pubblico per la diffusione di una recente opera cinematografica – si verificò negli anni tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento: prima e più illustre vittima fu il capitano Alfred Dreyfus che, condannato ingiustamente per spionaggio dopo un processo manipolato, fu ritenuto colpevole di tradimento soprattutto perché ‘ebreo’. Nello stesso tempo ogni legittimo tentativo di difendersi da parte dell’accusato e ogni sostegno che riceveva fu messo in relazione ad una inesistente internazionale sionista che interferiva nelle vicende francesi cercando di sovvertire una giusta sentenza di condanna.
Dreyfus dovette subire numerosi anni di dura detenzione prima di essere graziato e liberato e prima di ottenere l’annullamento del processo e il ripristino della verità. Conclusa la vicenda non si parlò più di un antisemitismo strisciante, ma comunque presente, che avvelenò più volte il clima del paese. Quando a metà degli anni Trenta il socialista (ed ebreo) Léon Blum divenne presidente del consiglio fu spesso attaccato dall’opposizione politica di destra, ma dietro si intravvedevano ancora le posizioni della fine del secolo espresse durante le violente polemiche del ‘caso Dreyfus’ o le accuse a una ‘cricca plutocratica’ individuata nella banca Rothschild, eterna responsabile delle disgrazie francesi. La repubblica di Vichy, il governo collaborazionista durante l’occupazione nazista, si distinse poi per la totale acquiescenza alle autorità naziste nella persecuzione degli ebrei, ma pochi ricordano che uno dei peggiori pamphlet antisemiti (‘La Francia giudaica’ di èduard Drumont, uscito nel 1886) era stato ristampato da una grande casa editrice come Flammarion nel 1938, anno in cui i tedeschi non avevano ancora occupato Parigi. Prima che la polizia segreta zarista elaborasse uno dei più noti ‘falsi’ antisemiti della storia (i famigerati ‘Protocolli dei Savi di Sion’ nel 1901), era stato proprio il francese Drumont a parlare di ‘cospirazione’ sionista mondiale.
Più complesso è descrivere le vicende dell’antisemitismo negli Stati Uniti, a cominciare dal fatto che una vera e propria presenza di comunità ebraiche si manifestò solo alla metà del XIX secolo. Un primo ‘incidente’ avvenne però durante la guerra civile, quando il generale Ulysses S. Grant – che poi sarebbe diventato presidente degli Stati Uniti – emanò un bando di espulsione ‘degli ebrei’ dalle zone soggette alla sua amministrazione militare. L’ossessione dei generali dell’Unione era interrompere i commerci e qualsiasi possibile rifornimento al Sud ribelle, ritenere però che gli ebrei in quanto tali potessero essere coinvolti in traffici illegali con la Confederazione era la rivelazione di uno stereotipo negativo. Lincoln intervenne e il bando fu modificato, ma sui sentimenti del generale rimase un’ombra e Grant si scusò ufficialmente nel corso della sua campagna elettorale per la presidenza pochi anni dopo. Le cose cambiarono nel volgere di un paio di decenni, quando cioè l’ondata migratoria dall’Europa si fece in generale più consistente. I primi ebrei provenivano da aree di lingua tedesca e si insediarono e integrarono più facilmente, ma dagli Ottanta dell’Ottocento la provenienza dall’Europa orientale, soggetta cioè al dominio zarista e dove si verificavano frequenti ‘pogrom’, ebbe il sopravvento.
Nel 1894 sorse un movimento per la restrizione all’immigrazione che voleva porre dei limiti all’afflusso: in contemporanea si svilupparono rappresentazioni negative di tutti gli immigrati in genere e gli ebrei dell’Est Europa per primi subirono le conseguenze dell’avversione verso gli stranieri. Durante la Prima Guerra mondiale in America, soprattutto dopo l’intervento, era frequente sentire che la colpa della guerra era dei banchieri tedeschi ebrei. Il picco dell’esternazione di sentimenti antisemiti si ebbe tuttavia tra le due guerre. Negli anni Venti fu il Ku Klux Klan a sostenere che i sovversivi provenienti dall’Europa, di cui gli ebrei rappresentavano una parte consistente, fossero pericolosi per i ‘valori americani’ e nacque per questo la Anti-Defamation League, organizzazione ebraica per la difesa dei diritti umani. Abbastanza ambiguo, interpretato con la sensibilità odierna, fu anche l’atteggiamento del segretario di Stato Corder Hull che difese sempre la legislazione anti immigrazione, anche quando le persecuzioni razziali in Germania erano diventate evidenti e semmai di profughi, non di immigrati, si sarebbe dovuto parlare. Tra gli ultimi in ordine di tempo a manifestare apertamente sentimenti anti semiti ci furono le milizie patriottiche negli anni Novanta del secolo scorso che, riprendendo vecchi schemi e pregiudizi accomunarono tra i nemici degli Stati Uniti anarchici, comunisti e banchieri ebrei.