
La Storia di guai dai Balcani ne ha ereditato già troppi. Se poi c’è qualcuno che aiuta, allora i nuovi guai sono certi. Alessandra Briganti sul Manifesto (uno dei pochi occhi rimasti), due notizie e un quasi pasticcio solo. II colloquio telefonico tra il presidente turco Erdogan e l’omologo croato, il neoletto Zoran Milanovic. «Secondo quanto riportato dal settimanale croato Nacional, i due capi di Stato avrebbero discusso varie questioni regionali tra cui quella spinosa della modifica degli accordi di Dayton che misero fine alla guerra in Bosnia-Erzegovina nel 1995». Cessate il fuoco imposto dalla vergogna nel 1995, Costituzione inventata da una diplomazia ubriaca, la vecchia Bosnia- Herzegovina post jugoslava mostro giuridico assurdo correggibile?
Uno Stato che mette assieme tre popolazioni che si sono scannate per quasi quattro anni di guerra, si inventa due ‘Entità’ che sono Stati nello Stato, tre parlamenti, una presidenza trina e impotente. E la politica che non è ancora riuscita a liberarsi dalla galera delle appartenenze nazionali. I Bosgnacchi (la popolazione slava convertita all’Islam) maggioranza a Sarajevo associati a mai amati croati erzegovesi di Mostar e la ‘Entità’ serba separata, Srpska Republika, (valutazione occidentale diffusa, i più ‘cattivi’ della passata guerra) con la loro capitale a Banja Luka.
Ora la richiesta turca di modifica degli accordi di pace formale che si trascinano nella totale impraticabilità da 25 anni. Critica turca ragionevole ma posta male. Erdogan poco raccomandabile, assieme all’Onu che in Bosnia ha storicizzato la fine della credibilità dei ‘caschi blu’. Dunque, il rischio di una ennesima «pace contro». Dal pasticcio Dayton con musulmani e croati contro i cattivi filo russi serbi, per arrivare a cosa e contro chi? Ma Belgrado e la Russia, ormai vedovi di Milosevic e famiglia, sono ancora così vicini tra loro? E la Croazia che modera un po’ il suo nazionalismo col neo presidente Milanovic, vuole davvero lasciare la sua comunità cristiana di Mostar e i miracoli di Međugorje sotto il potere dei musulmani di Sarajevo?
L’Alto rappresentante per la Bosnia, l’austriaco Valentin Inzko applaude Erdogan e Onu e resuscita la vecchia sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che definisce «discriminatorio l’assetto istituzionale creato da Dayton». Bastava il buon senso a dircelo. Lanciato il sasso, pronti e via allo scontro. «Dayton 2 sarà la condanna a morte della Bosnia-Erzegovina» ha tuonato il rappresentante serbo della presidenza tripartita Milorad Dodik a margine di un incontro con il presidente serbo Aleksandar Vucic, tirato in mezzo. Gli orfani di Karadzic che minacciato la scissione dalla Bosnia ma con molti altri tra i ‘buoni’ che non lo dicono ma ci pensano. I croati erzegovesi votano anche per Zagabria, a dirne una.
«Una cosa è certa. La discesa in campo “ufficiale” di Ankara nel risiko bosniaco segna un punto di svolta negli equilibri regionali. Dietro la richiesta turca di modifica degli accordi di pace si cela infatti la necessità di proteggere l’integrità territoriale della Bosnia-Erzegovina, messa in pericolo in questi anni da Mosca più ancora che da Belgrado», valuta Alessandra Briganti. Mosca e non la Nato a dintorni, ad esempio? Remocontro è più per questa seconda ipotesi. Erdogan, tutore del Balcani post ottomani con rinnovati interessi commerciali su tutta l’area, ma sempre Nato. La Turchia protagonista in proprio dalla Siria alla Libia e forse anche a Washington qualcuno avrebbe dovuto capirlo.
Infine, la tentazione Nato che sogna di chiudere la tenaglia anti russa arruolando anche Sarajevo. Con Belgrado costretta a decidere tra Mosca e Unione europea. Pronta un’altra «Pace contro».
Sulla scia dei sospetti di cui sopra (e sempre grazie ad Alessandra Beriganti), «La Nato ha inviato in Montenegro, il più giovane degli Stati membri dell’Alleanza atlantica, la prima squadra di guerra anti-ibrida». Contro chi e contro cosa? «Minacce ibride soprattutto di provenienza russa». Novità geopolitica assoluta. Dopo la elezione di Trump presunti hacker russi a manipolare lo strategico Montenegro? Senso dei ridicolo zero dalla parti del comando Nato. Il micro Montenegro e i sui 600 mila abitanti intanto di arma. 31 milioni di euro di ‘armi telecomandate israeliane’.
«Lo Stato balcanico è da settimane teatro di proteste contro la legge sulla libertà religiosa, approvata a fine dicembre, di cui vengono contestate le norme sulla proprietà dei beni ecclesiastici». Per effetto del provvedimento la Chiesa serbo-ortodossa in Montenegro rischia l’esproprio di circa 700 luoghi di culto in suo possesso. E risorge dalla ceneri un’altra chiesa ortodossa, autocefala, istituita nel 1993, nel pieno della dissoluzione della Jugoslavia, dal monaco Antonije Abramovic. Una chiesa non riconosciuta da nessuno fuori casa ma fedele al presidente montenegrino Milo Djukanovic.
«Una trappola demagogica e allo stesso tempo un pericoloso azzardo che rischia di dare la stura a risentimenti covati per trent’anni. Per di più in un momento di ridefinizione degli assetti nell’area – anche in Bosnia Erzegovina – che riflettono il mutare precario degli equilibri».