
In Italia ci sono 34 milioni di utenti attivi sui social media, il 57% della popolazione totale. Lo stesso ‘Remocontro’ che state leggendo esiste perché esiste Internet, esiste il web ed esistono YouTube, Facebook, WhatsApp e Instagram, luoghi di conoscenza e di incontro e confronto virtuali. Noi, remocontro.it, usiamo lo strumento al meglio che ci è possibile ma certo ne sappiamo poco, limitandoci al suo uso per fare un po’ di informazione che crediamo corretta o almeno onesta. Ma in ballo –via Internet- c’è molto di più di un po’ di decente giornalismo rispetto a una montagna di stupidaggini e di bugie e peggio, di manipolazioni. C’è in ballo un bel pezzo di democrazia nel mondo, avverte Gigio Rancilio, giornalista responsabile social del quotidiano Avvenire.
«Misurare la libertà non è mai facile. Misurare la libertà della Rete, per certi versi, lo è ancora meno». E Rancilio ci dice di Freedom House, una organizzazione non governativa che fa ricerca su democrazia, libertà politiche e diritti umani. Che ogni anno pubblica un rapporto sulla libertà nel mondo (Freedom in the world) ma uno anche sulla libertà della Rete digitale (Freedom On The Net). «E dopo averlo letto c’è poco da stare allegri», l’amara considerazione dell’autore.
La libertà globale di Internet è diminuita per il nono anno consecutivo nel 2019
«Dei 65 Paesi valutati, 33 hanno registrato nell’ultimo anno un calo complessivo della libertà. Il maggior calo è stato registrato in Sudan e Kazakistan, seguiti a ruota da Brasile, Bangladesh e Zimbabwe». Sul Brasile e sul regime vergogna di Bolsonaro vi racconteremo nel prossimo pezzo. Rimaniamo sulla Rete. Sorprende il Brasile, ma Sudan Kazakistan Bangladesh e Zimbabwe non li avevamo certo in memoria come campioni di democrazia, e ci consoliamo col fatto che il nostro mondo occidentale non è compreso. Ma quello di prima è l’elenco del pessimo, e per trovare i buoni ce ne corre.
«Se letto letto in profondità, emerge che il Paese meno libero al mondo è sì la Cina, ma nemmeno l’America è messa tanto bene. «La libertà di Internet – secondo il rapporto – è diminuita negli Stati Uniti per il terzo anno consecutivo». I motivi? C’è sempre più sorveglianza e le azioni digitali dei cittadini «sono controllate anche quando riguardano attività costituzionalmente protette». Mentre manipolazioni, infiltrazioni e disinformazione crescono a ritmo vertiginoso. Per non parlare dei tweet a raffica spesso bugiardi di un corpulento personaggio molto molto in alto.
«The Global Disinformation Order 2019 dell’Oxford Internet Institute lancia un allarme molto serio: Nel mondo ben 70 nazioni usano social, algoritmi e big data per manipolare l’opinione pubblica».
Accade in nazioni come Cina, Iran e Arabia Saudita, ma anche negli Stati Uniti e in Europa, Italia compresa (anche se in maniera meno violenta che negli altri Paesi). Per Freedom House, «non c’è più tempo da perdere». Le tecnologie emergenti forniscono sì nuove opportunità per lo sviluppo umano, ma mettono a rischio (e lo faranno sempre di più) anche i diritti umani. Non a caso la libertà della Rete, negli ultimi nove anni, è diminuita costantemente a livello mondiale.
«Comparitech in questi giorni ha pubblicato un altro studio, questa volta sulla censura mondiale nella Rete. Cioè, su quanto in ogni Paese i cittadini siano liberi di usare app, social, piattaforme e web e quanto i media siano censurati anche nel digitale».
«Il peggior Paese del mondo risulta la Corea del Nord, dove la censura colpisce ogni azione digitale. Al secondo posto c’è la Cina dove i social media occidentali (e molti siti) sono bloccati, mentre i media politici sono fortemente limitati. Non solo. «Le normative online prevedono che una persona possa essere incarcerata per avere semplicemente condiviso o commentato un post non gradito». Al terzo posto risultano a pari merito Russia, Turkmenistan e Iran. Tutte e tre le nazioni censurano i media, mentre il Turkmenistan blocca anche tutti i social. Russia e Iran invece ne permettono alcuni, ma li controllano pesantemente. Bielorussia, Turchia, Oman, Pakistan, Emirati Arabi Uniti ed Eritrea censurano i media sul web, mentre soltanto l’Eritrea in questo gruppo di Paesi censura anche i social.
«Nella ricerca l’Italia risulta un Paese pienamente libero. Il che non può che farci piacere e renderci orgogliosi. Fermo restando che nella misurazione delle libertà dei cittadini nell’uso della Rete la ricerca ha inserito anche la facilità di accesso ai siti pornografici. Un dato indubbiamente di libertà, ma per il quale è difficile essere così orgogliosi, tenendo conto che gli italiani consumano pornografia online in gran quantità e a qualunque età».
Quella che una volta era una tecnologia liberatrice è diventata un canale per la sorveglianza e la manipolazione elettorale.
La libertà di Internet è sempre più messa in pericolo dagli strumenti e dalle tattiche dell’autoritarismo digitale, che si sono diffusi rapidamente in tutto il mondo. Regimi repressivi, eletti in carica con ambizioni autoritarie e agenti partigiani senza scrupoli hanno sfruttato gli spazi non regolamentati delle piattaforme dei social media, convertendoli in strumenti di distorsione politica e controllo della società. Mentre i social media a volte sono serviti da condizioni di parità per la discussione civica, ora si stanno inclinando pericolosamente verso illiberismo, esponendo i cittadini a una repressione senza precedenti delle loro libertà fondamentali.
Inoltre, una sorprendente varietà di governi sta implementando strumenti avanzati per identificare e monitorare gli utenti su una scala immensa. Come risultato di queste tendenze, la libertà globale di Internet è diminuita per il nono anno consecutivo nel 2019.
I social media consentono alla gente comune, ai gruppi civici e ai giornalisti di raggiungere un vasto pubblico a costo ridotto o nullo, ma hanno anche fornito una piattaforma estremamente utile ed economica per le operazioni di influenza maligna da parte di attori stranieri e domestici. I leader politici hanno impiegato individui per modellare segretamente opinioni online in 38 dei 65 paesi trattati in questo rapporto: un nuovo massimo.
In molti paesi, l’ascesa del populismo e dell’estremismo di estrema destra ha coinciso con la crescita dei mob online iperpartigiani che includono sia utenti autentici che account fraudolenti o automatizzati. Costruiscono un vasto pubblico attorno a interessi simili, allacciano i loro messaggi politici a contenuti falsi o infiammatori e ne coordinano la diffusione su più piattaforme.
Oltre a facilitare la diffusione della propaganda e della disinformazione durante i periodi elettorali, le piattaforme di social media hanno consentito la raccolta e l’analisi di grandi quantità di dati su intere popolazioni.
Una sofisticata sorveglianza di massa che un tempo era possibile solo per le principali agenzie di intelligence del mondo è ora alla portata di una gamma molto più ampia di stati. La ricerca di Freedom House indica che i governi più repressivi stanno acquisendo strumenti di sorveglianza sui social media che utilizzano l’intelligenza artificiale per identificare le minacce percepite e mettere a tacere l’espressione indesiderata. Anche nelle democrazie, tale monitoraggio di massa si sta diffondendo tra le agenzie governative e viene utilizzato per nuovi scopi senza adeguate garanzie.