Australia, fuga dall’inferno e dai cambiamenti climatici negati

L’Australia brucia, il rifugio è il mare

Case assediate, 18 vittime, migliaia sulle spiagge Aiuti via acqua. Polemiche sui fuochi d’artificio di Capodanno: «Andavano annullati per rispetto». Gli incendi che divampano nella torrida estate australiana (40 gradi all’ombra) sono così potenti da generare loro stessi un sistema di venti impetuosi che li alimenta. Finora mille case e 5 milioni di ettari (275 volte la superficie di Milano e l’equivalente del Belgio) sono bruciati. Per rendere l’idea: i roghi che in California nel 2018 avevano ucciso 100 persone si erano mangiati «soltanto» 800 mila ettari. Il fumo che si alzava ieri dalle coste del Nuovo Galles del Sud si vedeva fino in Nuova Zelanda, a 2.000 chilometri di distanza.

48 ore ai turisti per lasciare il Sudest

Le autorità hanno dato 48 ore di tempo ai turisti per lasciare le zone della costa sudorientale del Paese, dove si temono nuovi incendi. I pompieri del Nuovo Galles del Sud hanno chiesto oggi ai turisti di lasciare le zone lungo i 200 chilometri di costa, dalla pittoresca città di Batemans Bay, 300 chilometri a sud di Sydney. I turisti dovrebbero lasciare l’Australia entro sabato, considerata una giornata nera sul fronte degli incendi con temperature previste superiori ai 40 gradi.

Gli australiani lo sanno, l’estate è la stagione dei fuochi. Ma quest’anno è uno dei peggiori della storia (e non è finita): nei giorni scorsi migliaia di persone (turisti e residenti) nel Sudest del Paese, tra Sydney e Melbourne, sono state costrette a scappare in spiaggia, a rifugiarsi in acqua. Ha fatto il giro del mondo la foto scattata da una donna di Mallacoota, Allison Marion: il figlio Finn di 11 anni al timone della scialuppa, con la mascherina sulla bocca e un mare di fumo alle spalle. fortunati».

Le fiamme dell’annus horribilis 2019

Le fiamme hanno divorato il regno vegetale e quello animale in Amazzonia, Siberia, Repubblica democratica del Congo e da settembre non danno tregua in Australia dove ancora ieri si registravano oltre 100 incendi nel solo Nuovo Galles del Sud.

Catastrofe ambientale in corso, bilancio impossibili (già 18 vite umane), «pompieri circondati da alberi in fiamme o intenti a portare via in braccio koala ustionati e a porgere biberon a quelli assetati, di canguri che fuggono, di parchi nazionali diventati scheletri neri. Finora quasi cinque milioni di ettari spazzati via», il bilancio del tutto provvisorio di Marinella Correggia sul Manifesto.

Diciotto le persone morte accertate (tra i vigili del fuoco e tra gli abitanti), ma sono molti i dispersi in aree irraggiungibili. Villaggi interi annientati (la Abc ne fa l’elenco, parlando di «incubo di Capodanno»), molti altri isolati, 50mila case senza elettricità. E lunedì perfino a Sidney e Melbourne sono state evacuate 100mila persone da cinque quartieri che sembravano minacciati.

Premier negazionista del climate change

Il primo ministro Scott Morrison, negazionista climatico alla Trump, ha sostenuto pochi giorni fa che non ci sono «indicazioni credibili» che la lunga emergenza incendi sia legata al caos climatico. Ma non è una coincidenza -repolicano scienziati e ambientalisti- il «cocktail di eventi estremi perfetto» per alimentare incendi praticamente indomabili anche in un paese ricco di mezzi: siccità prolungata e dunque zero umidità (bruciano anche i banani), temperature record (oltre i 40° C), venti forti o fortissimi, la presenza invasiva di specie come l’eucalipto che bruciano facilmente.

Il responsabile del servizio antincendi del Nuovo Galles del Sud, Shane Fitzsimmons, ha spiegato giorni fa: «Non ne verremo a capo finché non ci saranno piogge a sufficienza, lo diciamo da settimane, da mesi».

Povere bestie, bestie loro bestie noi

«Tra le vittime dell’ecocidio ci sono milioni di animali selvatici, oltre a quelli domestici. Se un mammifero simbolo dell’apocalisse di fuoco amazzonica era stato il bradipo .erbivoro arboricolo troppo lento per riuscire a fuggire-, nel rogo australiano la specie maggiormente al centro dell’attenzione e della preoccupazione è il koala». Gli esperti temono che siano morti circa 8mila koala, il 30% della loro popolazione nel Nuovo Galles del Sud. La stima si basa sul fatto che quella è la percentuale del loro habitat annientata e si tratta di animali lenti, non in grado di sfuggire al fuoco che salta letteralmente di eucalipto in eucalipto.

‘Ecocidio’ e la bestia umana

Il Times ha riferito che, secondo esperti dell’università di Sidney, gli incendi potrebbero aver ucciso direttamente o indirettamente 480 milioni tra mammiferi (oltre ai koala, canguri, wombat, opossum…), uccelli e rettili. Naturalmente sono ipotesi non verificabili visto che, secondo quanto ha riferito in Parlamento un esperto del Nature Conservation Council, sarà molto difficile trovare tracce. La coalizione Stand Up for Nature, formata da 13 organizzazioni ambientaliste, chiede una moratoria immediata del taglio delle foreste native nello Stato più colpito, perché sarebbe da «sconsiderati» sacrificare altre porzioni di habitat.

Il «fiato» del global warming

L’emergenza non rientra. L’Australia è molto sensibile al «fiato» del global warming, con i venti che dai deserti dell’interno soffiano verso le coste più popolate. Masse d’aria di densità differente si incontrano: la direzione delle correnti cambia più rapidamente, moltiplicando le lingue di fuoco.

AVEVAMO DETTO

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