
Un anno di Polemos, un altro. Per chiudere il 2019 ho deciso di ripercorrerlo attraverso delle storie che hanno segnato il tempo – lento, profondo e soave – della residenza artistica e narrativa in questa Magnifica Terra. Un modo per delineare che cosa sia il dono dell’incontro, dove è ancora possibile coltivare cultura, o almeno provare a percorrere sentieri nel bosco, che conducono in radure magiche, spalancando orizzonti inaspettati. Evitando le rotaie del conformismo e le autostrade della conoscenza.
Così parto da Emo Formichi. E dalle parole che ho scritto su questo artista unico, contadino, operaio, fabbro, ebanista. Un uomo d’altri tempi.
Emo ha lo sguardo di un bimbo. E gli occhi che vanno al di là della materia, ne traggono l’essenza e ne ripropongono una visione magica. L’arte, quando è arte, coniuga la semplicità e la rivoluzione. Si prende gioco delle certezze assolute della vita, sconfigge l’ignoranza e mostra il lato possibile di ciò che il buon senso definisce impossibile.
Emo Formichi l’ho visto sfrecciare in bici sull’acciottolato di Pienza, sedersi in piazza, conversare con chi ha voglia di farlo. Poggiare lo sguardo sull’umanità che si affolla, che spesso si aggira e non vede altro che quello che già conosce. Non vuole andare oltre. La sua arte è storia di questa terra.
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https://www.remocontro.it/2019/01/20/emo-formichi/
Poi Bernardina che leggeva l’Unità. La lezione di questa donna di novanta anni che non leggeva solo l’Unità (quando c’era), ma tanti libri. Fino all’ultimo. Una storia, la sua contro l’ignoranza c he vuole dettare legge.
…Qualche tempo dopo entrò nella libreria. Fuori pioveva e la vetrina era chiusa. Aprì il borsellino e tirò fuori un pizzino, con sopra appuntato il titolo di un libro: l’ho sentito nominare alla radio, vorrei leggerlo… Così è andata: veniva, facevamo due chiacchiere, mi raccontava de l’Unità: era l’unico giornale che leggeva ogni giorno, mi diceva fiera. Poi scoprì che un tempo io ci lavoravo, che scrivevo sul suo giornale. Ti avrò letto, allora. Certo, chissà. Mi manca l’Unità…
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https://www.remocontro.it/2019/03/31/bernardina-che-leggeva-lunita-e-tanti-libri/
Quindi l’incontro fantastico con Graziano e Maria Rosa. Un legame da sempre, affiorato in questo percorso magico.
La pietra è linguaggio. Misterioso linguaggio che proviene da mondi sconosciuti ed è destinato a durare più del nostro modo di vedere il mondo. Mentre scrivo queste poche righe, dedicandole a un amico psichiatra e filosofo, Graziano Valent, sento il suono del vento e l’immensità delle profondità artistiche di Pinuccio Sciola, l’artista di San Sperate che faceva suonare le sue sculture.
Non so per quali stravaganti motivi, quali vincoli di amicizia e stelle polari dell’esistenza, nella musica celestiale di Sciola sento la voce bassa e rituale di Giovanni Lindo Ferretti. Un mantra, pietra e sogno. Cavalli e ondulate aspre praterie. Visioni mistiche e silenzi. Ribelli di montagna che s’incontrano sulle strade dei barbari e condividono il pane e il vino seduti su un’antica pietra scaldata dal sole. La pietra è storia. Ricordo e poesia.
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https://www.remocontro.it/2019/05/12/i-muretti-a-secco-e-il-linguaggio-della-pietra/
Una dedica speciale a Giuditta Parisi, che non c’è più. Un dono incontrarla, un dono l’amicizia che ci ha legato e ci legherà per sempre.
La poesia nasce dentro la lingua. Non traduce pensiero, lo anima, lo esercita, lo produce.Potenza orale, la ascolti e la voce si crina in mille riflessi di sentimento, spezza il senso delle parole, riannoda, rifiorisce, rinsalda e restituisce ciò che prima non c’era. Non esiste altro modo, oggi, col lutto nel cuore, con la paura che tenebra si raggomitola in fondo a ogni pensiero, di non dire. Nel confine straziante, nel silenzio che lascia disabitati e soli. Solo la poesia può spazzare via il cielo, far correre le vigne (tanto amate) sbrigliate, mentre il sorriso si prende la scena del ricordo. Ogni cosa ha il suo tempo sotto il cielo, il tempo delle braccia abbracciate. Il tempo della braccia lontane.
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https://www.remocontro.it/2019/08/11/ricominciamo-a-sognare-a-costruire-utopia-e-vita-vera/
Un anno, un anno ancora, celebrato dalla presenza in questo nostro paese, nel cuore di Vald’O, di un’artista magnifica, Amandine Beyer. A lei dedichiamo l’armonia e la speranza, la dolcezza e la furia di quello che vorremmo dire con le parole e non bastano mai, non sono quelle giuste. A lei dedichiamo il silenzio e l’ascolto.
Amandine è sorridente. Ciao, ti incontra per strada e il saluto è cristallino. Anche l’abbraccio ci sta. Con semplicità porta con sé il suo violino, camminando. Poi, a un certo punto della serata, il violino esce dalla custodia marrone e comincia un’altra storia. La ragazza gentile, sorridente entra nello spazio magico della scena. In un attimo tutto si trasforma. Lei, lo spazio che attraversa, il tempo, la vita di chi ha scelto di ascoltare il suo violino barocco.
Se dovessi definire una dea, beh, penso che lei potrebbe andarci proprio vicino. Crea una bellezza che si percepisce nell’aria. Un brivido elettrico che mette insieme chi ama Boccherini, chi Corelli, chi forse neanche li conosce, chi la ascolta perché non c’è di meglio da fare.
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https://www.remocontro.it/2019/08/25/amandine-o-della-bellezza-nellascolto/
Per concludere con un progetto che anima l’azione della residenza artistica-narrativa sulla Magnifica Terra, quello dei vignaioli raccontati per raccontare chi difende questo territorio dalla bruttezza, dall’offesa di un conformismo ottuso che si basa sul profitto cieco di pochi a danno del bene comune della comunità.
Vanno raccontate le persone belle che tengono in vita un sogno, l’ipotesi che una magnifica terra possa essere disegnata e agita attraverso il lavoro. Attraverso la fatica di ogni giorno, nel rispetto delle stagioni, nella cura e nell’attenzione. Con cuore. Vanno narrati gli esseri umani che solcano la terra, la colorano con l’azione quotidiana, seguendo il tempo della vita, facendo sì che questa terra, la Val d’Orcia, possa continuare a essere un patrimonio per tutta l’umanità. Grazie alla meraviglia dell’incontro sapiente tra il lavoro sapiente e la natura.
Questi uomini e queste donne hanno un nome, famiglie, sorrisi da elargire ai figli, ai nipoti, mani possenti che si muovono con delicatezza, rughe scavate dal sole, sguardo nell’orizzonte e poesia. Silenzi, attesa del tempo giusto. Possiedono la ricchezza dei campi, dei boschi, del sapere antico. Sono contadini e vignaioli. Persone che vivono del lavoro di ogni giorno. Senza la loro bellezza non ci sarebbe questa bellezza.
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https://www.remocontro.it/2019/12/15/i-nostri-eroi-del-paesaggio-sono-contadini-e-vignaioli/
Buon anno a tutti. Di semplicità, dolcezza e lotta.