
In Montenegro, microbo balcanico stretto tra Croazia, Serbia e Albania, nasce la «Chiesa di Milo Đjukanovic». Attenti alla strana barretta sulla gamba dritta della D maiuscola, che letta in serbo, pardon, in montenegrino, la devi leggere G, ‘Chiesa di Milo Giucanovic’, presidente montenegrino praticamente a vita, ma sempre regolarmente eletto. Titolo efficace sul Manifesto, cronaca seria di Alessandra Briganti. «Una nuova scossa torna ad agitare i Balcani. Epicentro del terremoto, Podgorica dove ieri all’alba è stata approvata la legge sulla libertà religiosa al termine di una tumultuosa sessione parlamentare culminata con l’arresto di 22 persone tra cui 18 deputati contrari alla legge». Un ritorno ai Balcani caldi dell’era Milosevic e della piccola Jugoslavia di Serbia e Montenegro?
Nazionalismo interessato, molto interessato, quello che ha trasformato in ring il parlamento di Podgorica. Un contenzioso tra chiese ortodosse, non su atti di fede, ma di proprietà, che risalgono addirittura alle origini della nostra fu Regina Elena, principessa di Montenegro, che diede statura, intesa solo come altezza in centimetri, ai Savoia dopo Emmanuele III. In ballo la proprietà dei beni e dei terreni ecclesiastici, circa 600 luoghi di culto, ma anche proprietà di incommensurabile valore ambientale e/o immobiliare. Con la nuova legge, il Clero che attualmente dipende dal patriarcato serbo, dovrà dimostrare la data di proprietà di chiese e monasteri. 1918 l’anno chiave. Quando il Regno del Montenegro venne inglobato nel Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, e che la Chiesa ortodossa montenegrina si sciogliesse nel Patriarcato serbo.
La Chiesa ortodossa guidata dal metropolita e vescovo di Cetinje, l’antica capitale dove nacque la fu Regina Elena, Amfilohije Radovic, ha organizzato diverse proteste in tutto il Paese e in particolare nella capitale dove i fedeli si sono riuniti davanti al Parlamento in concomitanza con il dibattito in aula. Fuori le preghiere, in aula le botte. «Il leader filoserbo del Fronte democratico Andrija Mandic si è detto ‘pronto a morire’ per la sua Chiesa, spingendosi a invitare ‘gli amici di guerra dal 1991 al 1999’ a essere pronti. Minacce sfociate in un’aggressione fisica vera e propria ai danni del presidente dell’Assemblea e che gli è valsa l’arresto insieme ad altri 17 deputati. Dopo l’intervento della polizia si è proceduto alla votazione: respinti i circa duecento emendamenti presentati dall’opposizione, la legge è stata approvata senza modifiche».
«Una legge che potremmo definire un effetto collaterale dell’indipendenza della Chiesa ortodossa ucraina dal Patriarcato di Mosca avvenuta nell’ottobre dello scorso anno, il cui riconoscimento da parte di Costantinopoli ha rinfocolato conflitti latenti tra le diverse comunità religiose in cui si articola la Chiesa ortodossa». Partita politica strategica e non solo di interesse, quella del micro Montenegro rispetto alla Chiesa. 450mila fedeli ortodossi su poco più di 600mila abitanti. La mossa di Podgorica ‘può infatti esser letta come un tentativo di creare una chiesa ortodossa montenegrina autocefala, indipendente dal patriarcato serbo, o quantomeno di spezzare il monopolio religioso della Chiesa serbo ortodossa in un Paese come il Montenegro che conta 450mila fedeli ortodossi su poco più di 600mila abitanti. Una svolta quella di Podgorica che costituisce un’ulteriore fonte di destabilizzazione nella regione, annota Alessandra Briganti. «Basta guardare infatti alle reazioni all’approvazione della legge fuori dai confini del Montenegro».
«Momenti di tensione si sono registrati nel Parlamento della Republika Srpska, una delle due entità di cui è composta la Bosnia-Erzegovina, e nella sede dell’Assemblea nazionale serba a Belgrado». La presidente Maja Gojkovic costretta a sospendere la seduta per quello che ha definito «un attacco fascista al Parlamento serbo». Il deputato nazionalista Bosko Obradovic e leader del partito di estrema destra Dveri all’attacco del governo per la mancata risposta alla legge approvata in Montenegro. Un attacco militare serbo al Montenegro ora Nato? Sempre lo stesso Obradovic, aveva imbrattato i muri dell’Ambasciata montenegrina a Belgrado con la scritta: «Milo (Djukanovic) ladro, non vi daremo i luoghi sacri». Più moderato il commento del presidente serbo Vucic, affidato all’agenzia di stampa Tanjug in cui ha promesso di aiutare «il nostro popolo e la Chiesa, senza distruggere i diritti di un altro Paese». Molto più pericolosa la situazione della Chiesa ortodossa in Kosovo, la culla della prima cristianizzazione slava, dove le poche chiese rimaste e i monasteri sono di fatto assediati e difesi dai militari della missione internazionale, italiani compresi.