Filippine, bomba in chiesa, Natale nella terra del folle Duterte

Terrorismo anti cristiani

Violenza terrorista nelle Filippine del Sud alla vigilia del Natale: nella serata del 22 dicembre, messa domenicale, una bomba è esplosa appena fuori dalla cattedrale di Cotabato, città sull’isola di Mindanao. Nell’esplosione 22 persone sono rimaste ferite; tra loro 12 soldati che erano impiegati nel pattugliamento della chiesa, una delle misure di sicurezza adottate in occasione delle festività natalizie. Un secondo attentato dinamitardo si è verificato a poca distanza, ferendo un passante.

«È un atto codardo alla vigilia delle celebrazioni natalizie» denuncia padre Zaldy Robles, sacerdote cattolico in servizio nella cattedrale dell’Immacolata Concezione a Cotabato. Padre Robles racconta che l’esplosione è avvenuta quando la messa vespertina domenicale era in corso; la gente, in preda al panico, si è rifugiata in chiesa. In un’altra provincia, a Maguindanao, un ordigno ha ferito due persone. Una bomba è stata poi lanciata in una stazione di polizia locale ma non è esplosa.

Secondo il Comando occidentale dell’esercito a Mindanao, dietro gli attentati gruppi terroristi integralisti islamici come il ‘Bangsamoro Islamic Freedom Fighters’ o legati al sedicente ‘Stato islamico’. Nelle Filippine, nazione asiatica con il maggior numero di cattolici, i cristiani rappresentano circa il 90% della popolazione. Su quasi 105 milioni di cittadini, 83,6% sono cattolici più 10 milioni di protestanti e circa 820mila fedeli di ‘altre denominazioni cristiane’

Vergogna e violenza al vertice

Filippine, nuovo attacco di Duterte alla Chiesa: «Uccidete i vescovi, sono inutili». Il presidente anche questa volta usa toni violenti e volgari: “La maggior parte dei preti è gay”.

Accadeva  all’inizio di dicembre. Il presidente filippino  Rodrigo Duterte contro i vertici della Chiesa cattolica, ‘colpevoli’ di aver sollecitato moderazione alla amministrazione violenta e dittatoriale del regime. La risposta ‘politica’ di Duterte: «I vostri vescovi ammazzateli. Non servono a nulla. L’unica cosa che sanno fare è criticare» , ha detto il presidente-dittatore. Come già fatto in passato, la Conferenza episcopale delle Filippine ha deciso di non rispondere alle provocazioni. «Non vogliamo gettare benzina sul fuoco, i nostri commenti potrebbero solo esacerbare la situazione».

Situazione si limiti dell’assurdo. Sin dall’elezione di Duterte,  vescovi e sacerdoti hanno censurato le politiche governative. Hanno criticato la sanguinosa guerra alla droga, che ha causato circa 5 mila morti ufficiali, e l’imposizione della legge marziale a Mindanao, nel sud del Paese. Le esternazioni del presidente hanno suscitato l’indignazione di gran parte della popolazione. Duterte è stato accusato di blasfemia non solo i cattolici, ma anche dai protestanti.

Il presidente filippino Duterte

L’incontenibile e folle Duterte

Rodrigo Roa Duterte, detto Rody o Digong, noto con il soprannome di The Punisher (in italiano il Castigatore), attribuitogli dalla rivista statunitense Time Magazine. Dalla sua elezione, nella  cosiddetta “guerra alla droga” sono aumentate e dismisura le uccisioni extragiudiziarie criticate dalla Chiesa. Descritto come rappresentante di un populismo autoritario Duterte si è contraddistinto per il suo linguaggio crudo e spesso volgare. Insulti per Papa Francesco, Barack Obama, John Kerry e César Gaviria. Nel 2018 la Corte Penale Internazionale ha emesso una sentenza sul suo operato. L’organizzazione non governativa Human Rights Watch lo ha invitato più volte ad eliminare gli squadroni della morte di Davao. Duterte è stato anche definito come un “moderno Pol Pot”.

Il rapporto con i media

Le Filippine sono note come uno dei paesi dove la categoria dei giornalisti è più a rischio. Nel giugno 2016 Duterte ha affermato di ritenere giusti gli assassini dei cronisti corrotti, in quanto a suo parere “se lo meritano”: «Solo perché sei un giornalista, non significa che tu sia esente dall’essere assassinato. Non c’è alcuna libertà di espressione che tenga, quando fai uno sbaglio a qualcuno. La maggior parte di chi viene ucciso, in realtà, ha fatto qualcosa. Se sei un bravo cronista però, sei al sicuro».

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