India nazionalista anti musulmana e il fascio-induismo di Modi

Fascio-induismo anti musulmani

Una legge antimusulmana. Nuova controversa normativa approvata dal governo indiano che concede la cittadinanza ai migranti provenienti da Bangladesh, Afghanistan e Pakistan, a meno che non siano di religione islamica. Una legge che da giorni sta provocando violente proteste di piazza. Decine di migliaia di persone hanno manifestato anche ieri in molte città indiane. Soprattutto nella capitale New Delhi si sono registrati violenti scontri tra i partecipanti alla marcia partita dall’università Jamia Millia Islamia. Arrestati e poi rilasciati all’alba circa 100 studenti. Ma c’è fermento in tutti gli altri atenei del Paese in particolare in quelli di cultura islamica. Una situazione che sta inasprendo i rapporti già difficili con il vicino Pakistan.

Chi cerca la guerra col Pakistan

L’Assemblea Nazionale di Islamabad, lo stato musulmano nato dalla stessa ex colonia britannica, ha condannato la legge sulla cittadinanza dell’India, profondamente lesiva dei diritti umani, soprattutto nella regione contesa del Kashmir indiano e musulmano sotto occupazione militare di New Delhi. La legge non fa che acuire i già difficili rapporti con il Pakistan. Dietro la decisione del premier Modi, gli osservatori internazionali leggono l’intenzione di fare dell’India uno Stato induista, escludendo quindi tutte le altre realtà religiose. Ma questo, affermano i critici del governo, va contro la stessa Costituzione indiana, che parla di Stato laico, nel quale ogni credo possa essere liberamente esercitato.

Ricorsi legali fin che è Stato di diritto

Intanto la protesta popolare continua. I fatti più gravi sono avvenuti nello Stato di Assam, nel Nord-Est dell’India, ma le proteste, da domenica si sono diffuse in diversi campus del Paese e nella capitale Delhi autobus e automobili sono stati dati alle fiamme. Le legge ‘ad escludendum’ riguarda le comunità hindu, sikh, jainiste, cristiane, buddhiste e parsi. Oltre a marginalizzare i 200 milioni di indiani musulmani. Dall’opposizione, «inquietante analogia con le leggi naziste varate negli anni Trenta contro gli ebrei in Germania». Scontri sono avvenuti nell’università della capitale Jamia Millia Islamia, dove manifestanti e polizia si sono affrontarti all’interno e all’esterno dell’ateneo, tra i più prestigiosi del Paese.

Come le leggi naziste anti ebraiche

Alta tensione nella città più grande dello Stato di Assam, Guwahati, epicentro delle proteste, dove nel fine settimana si sono tenute grandi manifestazioni che hanno causato almeno sei vittime da proiettili esplosi dalla polizia.  Nello Stato di Bengala occidentale dopo l’incendio di alcuni treni da parte dei manifestanti, la circolazione ferroviaria è rimasta paralizzata. «La cultura, la lingua, l’identità sociale e i diritti politici dei nostri fratelli e sorelle del nordest resteranno», prova a spegnere la rivolta il ministro dell’Interno indiano, che intanto colpisce duro. In alcune zone del nord-est internet è stato bloccato ed è stato imposto un coprifuoco nel tentativo di arginare le proteste.

Fascio-induismo, il Kashmir e il Web

Dopo la sua rielezione lo scorso maggio, forte della maggioranza dei seggi alla Camera bassa, Modi attua la sua dottrina ideologica in base alla quale l’India appartiene agli induisti. Primo atto, la revoca, lo scorso 5 agosto, dello statuto speciale del Kashmir, regione a maggioranza musulmana che godeva di grande autonomia dall’indipendenza dell’India nel 1947. Altra arma repressiva, i blackout della Rete. «Servono a evitare disordini» spiega il governo. Per l’Onu, un crimine che viola i diritti umani. In Kashmir il blocco più lungo mai imposto,135 giorni si isolamento comunicativo Internet, segnala Alessandra Muglia dal Corsera. Il web come arma di repressione di massa nel Paese considerato «la democrazia più grande del mondo con oltre 1 miliardo e 300 milioni di abitanti». Una definizione forse da rivedere.

AVEVAMO DETTO

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