
L’Afghanistan resta per Trump il fronte più imprevedibile. E’ questa la partita che rischia di fargli più male perché proprio non si riesce a chiudere. Venerdì sera l’ennesimo attacco della galassia talebana ha fatto una trentina di morti nella regione di Ghazni. È stato preso di mira un contingente dell’esercito di Kabul, che dovrebbe sostituire progressivamente gli americani venuti ad “esportare” la democrazia. Il problema di fondo è proprio questo: Trump non riesce a sganciarsi perché i governativi afghani non riescono a controllare il loro territorio. Sono male addestrati e, probabilmente, anche non molto motivati.
Di questi tempi stare nell’esercito nazionale ti garantisce forse il pane e il companatico. Ma non è nel conto mettere anche a repentaglio la pelle. Dato che i soldati, più o meno raccogliticci, riescono solo a controllare i quartieri dove sono stanziati nelle principali città. Appena mettono il naso fuori dai confini urbani, però, si può scatenare in qualsiasi momento il finimondo. Ma come mai l’Afghanistan non riesce a trovare pace? Beh, a dirla tutta i motivi sono diversi e abbastanza ben articolati. In senso negativo, ovviamente. Innanzitutto la galassia talebana è un coacervo di tribù, dove comandano gli scanna-capre più sanguinari.
In questo tormentato e arcigno Paese si sono sempre ammazzati tra di loro per un paio di pecore. Figuratevi quello che può succedere se, nel discorso che stiamo facendo, ci infiliamo anche l’oppio e l’eroina. Milioni di dollari che possono trasformare all’improvviso la vita “pura” e “dura” dei presunti ex studenti coranici fondamentalisti. Sì, perché il rompicapo jihadista in Afghanistan è difficile da risolvere. Anzi, è difficile anche da interpretare. Ci troviamo di fronte a un fondamentalismo diverso, come in un gioco di scatole cinesi. Sullo sfondo c’è sempre il Corano, ma una storia millenaria fatta di mattanze tribali gioca anche il suo ruolo.
E se non si capisce questo, proprio non si riesce a uscire fuori dal ginepraio in cui ci si è cacciati. Altro che democrazia! Da quelle parti si lotta solo per restare vivi fino alla sera. Le tribù pashtun hanno cacciato a pedate nel sedere, nel corso della storia, gli invasori più diversi: dagli inglesi ai sovietici, per finire agli occidentali e agli americani con tutta la loro armata brancaleone. E attenzione, gli errori della Casa Bianca sono stati ecumenici, nel senso che democratici e repubblicani sono riusciti entrambi a fare flop. E adesso che si fa? Si tira a campare sperando di arrivare alle Presidenziali americane del prossimo anno senza che salti il banco.
Il clima è quello di sempre: paura che si taglia col coltello e, nelle recenti elezioni, ai seggi, esplosioni di qua e di là, bombe di mortaio, colpi di mitraglia, morti , lunghe file di elettori più confusi che persuasi e una marea di poliziotti e di soldati armati fino ai denti, che hanno fatto la guardia alla “democrazia”. Detto così, tutto sembra tranne che una competizione elettorale “normale” fatta in un Paese, che purtroppo continua ad essere “anormale”. Ma dopo una guerra fatta a capocchia, che dura da vent’anni, qualcosa di sbagliato alla base ci deve pur essere. Anzi, c’è di sicuro.
Un paio d mesi fa, si è votato per il Presidente (spoglio e risultati quando Dio vorrà) e quello che conta per gli americani e per tutto il caravanserraglio occidentale è che la liturgia democratica abbia fatto il suo corso. Insomma, il resto del mondo pensi o si sforzi di pensare che in Asia centrale è arrivato il verbo di John Locke, Hume, Rousseau, Voltaire e compagnia discorrendo. Per chi ci crede… Ma dietro la baraonda mediatica, che parte da Kabul e arriva fino a Washington, si agitano copioni e scenari ben diversi.