Ungheria, ‘Kulturkampf’ di Orban, torna la Cultura di Stato

‘Kulturkampf’ alla Orban

Viktor Orbán, l´autocrate sovranista ungherese risponde alla pesante sconfitta nelle recenti elezioni municipali (Budapest e altre 10 città ora governate da sindaci europeisti democratici), con la provocazione. L’Országház, il parlamento ungherese dominato dalla Fidesz, il partito-Stato del premier, ha approvato la legge che conferisce al capo del governo in persona il potere di nominare o licenziare la direzione di ogni teatro nel Paese e istituisce un consiglio statale della cultura per orientare la cultura secondo ‘idee nazionali’, quelle di Orban e del suo partito personale. ‘Kulturkampf’.

‘Cultura di Stato’ alla Orban

Cultura di Stato, «come o peggio che durante i cupi decenni della dittatura comunista che i sovietici imposero alla civile Ungheria mitteleuropea, da secoli all’avanguardia nella vita culturale dalla letteratura alla musica alla fotografia a ogni altro campo del libero pensiero», denuncia arrabbiato Andrea Tarquini. La legge voluta dal premier magiaro, «Il massimo e piú creativo ideologo e stratega dei sovranisti in tutta Europa». «Consiglio nazionale della cultura per governare guidare la vita culturale magiara secondo i suoi criteri strategici». Da paura. Dopo l’epurazione assoluta nei media, i palcoscenici -oltre 25 teatri solo nella capitale Budapest- che avevano conservato il loro storico ruolo di voce critica di qualità.

Proteste e società civile in piazza

Immediate proteste della piazza online, con di una petizione firmata da 50mila persone già un’ora dopo che i media internettiani, le ultime voci indipendenti in Ungheria hanno dato notizia della legge-bavaglio contro il teatro. «In Parlamento, la protesta piú clamorosa davanti a fotoreporter e telecamere l’hanno inscenata i legislatori delle opposizioni democratiche: si sono alzati in piedi coprendosi il volto con maschere teatrali nere. Nere come il cupo volto del clima di censura». Lunedì decine di migliaia di dimostranti erano scesi in piazza nel centro di Budapest per difendere l’antica, gloriosa libertà dei teatri magiari, «fin dai tempi della voglia d´indipendenza contro l´Impero austriaco, dal 1848 e dagli anni di eroi e patrioti come Sándor Petöfi e Lájos Kossuth.

Prima dei teatri la censura

Pochi giorni fa, il governo Orbán aveva aveva anche restaurato di fatto la censura,prima volta in assoluto in Europa, «30 anni dopo la caduta del Muro di Berlino e dell’Impero del Male sovietico», ribadisce il sempre più scandalizzato Tarquini. Le nuove leggi volute da Orbán hanno ulteriormente centralizzato il controllo governativo sui media pubblici (il 90 per cento del totale) imponendo loro di usare solo le notizie diffuse dall’agenzia di stampa pubblica. La ipotetica notizia della prossima fine del mondo data dalla Associated Press non vale. La stessa agenzia statale non può dire senza autorizzazione. Silenzio obbligatorio sul tema della pedofilia nella Chiesa cattolica. Vietati ovviamente reportages critici sul ruolo di Orbán. «né di notizie dalla Turchia e dalla Russia che non dipingano i presidenti locali Recep Tayyip Erdogan e Vladimir Putin come protagonisti». Amici ed esempi per Orban.

‘La tattica del salame’ alla Rakosi

Orbán imitatore della “tattica del salame” ideata all´inizio della guerra fredda dallo spietato dittatore stalinista Mátyás Rákosi, imposto allora da Mosca. Cioè, colpire un gruppo critico dopo l’altro, una minoranza dopo l´altra. «Quasi la cupa Germania del 1933». Ma l’Unione europea al momento tace, e il Partito popolare europeo che fu di Adenauer e de Gasperi, sospende Fidesz, il partito di Orbán, senza il coraggio di espellerla. Memento di Andrea Tarquini. «’Questa è la pace nel nostro tempo’, sembrano pensare i Popolari europei risuscitando la frase dei ministri degli Esteri britannico e francese Chamberlain e Daladier alla Conferenza di Monaco nel 1938 in cui Londra e Parigi di fatto autorizzarono Hitler a invadere la Cecoslovacchia. Pace per un anno solo fino al 1939, in cambio dell´abisso del disonore».

AVEVAMO DETTO

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