Il Climate risk index 2020, calcola l’impatto a tutti i livelli di eventi estremi. Il risultato è sorprendente. Nel 2018 il paese più colpito è stato il Giappone, seguito da Filippine, Germania, Madagascar, India, Sri Lanka, Kenya, Rwanda, Canada e Fiji, ma se si prendono in esame gli ultimi 10 anni a fare le spese in maniera pesante di catastrofi naturali legate ai cambiamenti climatici è stata anche l’Italia.
Negli ultimi due decenni l’Italia ha registrato 19.947 morti riconducibili agli eventi meteorologici estremi, che nello stesso arco di tempo hanno causato perdite economiche quantificate in 32,92 miliardi di dollari. Nel solo 2018, gli eventi estremi hanno causato in Italia 51 decessi e 4,18 miliardi di dollari di perdite.
Non più “Belpaese” dunque, ma una terra segnata da molte fragilità strutturali che, eventi estremi fanno esplodere in tutta la loro gravità. L’Italia, dati dei 10 anni dal 2009 al 2018, sesta nella non invidiabile classifica sulla base del numero di vittime, campionato si precarietà ambientale di fronte ad eventi eccezionali che non vede più ai primi posti solo nazioni povere. Tornando indietro, 2018, la situazione non è molto migliore, col nostro nostro Paese l’al 21esimo posto nel mondo per l’impatto di fenomeni estremi quali tempeste, inondazioni od ondate di calore.
I dati del Climate risk index 2020 è il prodotto dall’elaborazione matematica di diverse variabili.
La Cop 25 dunque deve mettere all’ordine del giorno dei negoziati la creazione di un apposito strumento finanziario che intervenga sull’impatto climatico. In questo momento infatti non esiste ancora un meccanismo rapido di risposta delle Nazioni Unite capace di aiutare i varti Paesi colpiti, salvo volontari e singole generosità. Ovviamente le nazioni più povere ad essere maggiormente vulnerabili, che senza un accordo di aiuti continueranno ad indebitarsi e minare economie già pesantemente colpite.