
Redazione ANSA TIRANA 28 novembre
Si aggrava ancora il bilancio delle vittime del terremoto: secondo gli ultimi dati i morti sono 39. Altri nove corpi sono stati estratti dalle macerie durante la notte. Tra le vittime, quattro bambini di età da tre e otto anni e 17 donne compresa la fidanzata del figlio del premier albanese Edi Rama, Kristi Reci di 24 anni, e la sua intera famiglia. Lo ha reso noto il figlio del premier, Gregor Rama.
«Le scosse continuano mentre si scava ancora alla ricerca degli ultimi possibili superstiti. A Durazzo sono una trentina le persone estratte vive dalle macerie», racconta da Durazzo Mario Di Vito sul Manifesto. «Il conto dei morti è salito a quota trentanove, feriti sono oltre seicentocinquanta e una infinità di persone senza casa. Nello stadio della città è stata allestita una tendopoli per ospitare centinaia di sfollati». Cambi nomi e numeri, ed è cronaca di drammi già vissuti anche sull’altra sponda dell’Adriatico.
Il premier Edi Rama ha assicurato che «entro il 2020 chi ha perso la casa ne avrà un’altra», e anche questo è molto italiano, pensando alla nostra Amatrice che da 3 anni è ancora lì che aspetta. Ma ciò che sta accadendo in Albania è molto più grave per dimensione e prospettive di recupero.
La classe politica sorta sulle macerie del comunismo, apprendistato di democrazia, ha spesso confuso lo sviluppo con l’affarismo e la solidarietà di famiglia e di clan con la corruzione. Per Transparency International il record balcanico di corruzione spetta proprio all’Albania. Corruzione e promesse mancate. Da sempre la lotta alla droga, e coltivazione di marijuana diffuse (e ben altro lungo la ‘rotta balcanica’, e ‘difesa del territorio’, mentre la speculazione edilizia dilagava ovunque, chiamandola magari ‘riqualificazione edilizia’. «Palazzi che dovevano essere a tre piani che finiscono per essere alti il doppio, alberghi innalzati in riva al mare, aree verdi invase da edifici di vario genere. Sullo sfondo, le periferie buie e i casermoni del regime, a testimoniare un doppio binario da cui l’Albania fatica ancora a uscire».
«Da una parte le luci e la movida della costa, la crescita economica (oltre il 4% nel 2018) e la lotta alla disoccupazione (al 14.7%, quarto tasso più basso dei Balcani), dall’altra i quartieri popolari, dove non basta avere un lavoro per non essere più poveri». Mario Di Vito testimone sul campo oggi col suo racconto e storiche frequentazioni albanesi di Remocontro. Condiviso tra memoria antica e attualità un allarmato ammonimento per i sopravvissuti rimasti senza nulla : «La futura ricostruzione di queste zone dovrà attraversare, oltre a tutte le insidie del caso, anche le più che prevedibili infiltrazioni della criminalità. Come in qualsiasi angolo della Terra, il terremoto può essere un grande affare».