
Il giorno dopo l’omicidio mirato del comandante militare del Jihad, Bahaa Abu al Atta, ordinato dal premier israeliano uscente Netanyahu
«Ero stato ferito e ho telefonato a mio padre. Stava venendo a trovarmi in ospedale, i miei fratelli erano con lui sulla moto quando sono stati colpiti da Israele’. Così Loay Ayyad raccontava ieri la fine di suo padre Raafat, 54 anni, e dei fratelli Islam, 25 anni, e Amir, 7 anni. A ucciderli è stato un missile lanciato da un drone israeliano nei pressi della moschea Ali, nel quartiere al Zaitun di Gaza city»: cronaca dal fronte su Nena News, Michele Giorgio. «Civili innocenti fatti a pezzi da un missile ma che, in quanto palestinesi, non fanno notizia», la conclusione amara del reporter.
Paura e feriti ma senza vittime, anche sul fronte opposto. Civili israeliani feriti dai razzi palestinesi lanciati da Gaza: una cinquantina hanno ricevuto cure mediche, mentre resta grave una bimba di 8 anni colpita due giorni fa da infarto al suono delle sirene di allarme. I circa 360 razzi lanciati da Gaza, fino a ieri sera, hanno provocato pochi danni perché, sottolineano gli stessi media israeliani, sono caduti in aree aperte e disabitate o sono stati abbattuti dal sistema di difesa Iron Dome.
Il giorno dopo l’omicidio mirato del comandante militare del Jihad, Bahaa Abu al Atta, ordinato dal premier israeliano uscente Netanyahu, dalla situazione di guerra creta, riprende forza politica. Netanyahu ripete di aver preso la decisione di assassinare Bahaa Abu Al Atta assieme ai vertici delle forze armate e dei servizi segreti e con l’approvazione del gabinetto di sicurezza. Assicura di aver pensato solo «al bene di Israele» e di non aver valutato in alcun modo le ripercussioni politiche, a suo vantaggio, dell’eliminazione del comandante militare del Jihad islami.
«Pochi credono al leader del Likud e premier uscente, a cominciare dagli editorialisti del quotidiano Haaretz, uno dei quali, Chemi Shalev lo accusa di aver pensato prima di ogni altra cosa alla sua situazione politica e giudiziaria». Comunque -sintesi di Michele Giorgio- nel momento in cui sono partiti i primi razzi palestinesi verso Israele in risposta all’assassinio di Abu Al Atta, «è finita in mille pezzi l’ipotesi del premier incaricato Benny Gantz, di formare un governo di minoranza senza il Likud e Netanyahu, con l’appoggio esterno dei 13 deputati della Lista araba unita».
«Il clima di guerra si addice a Benjamin Netanyahu» la sintesi di Umberto De Giovannangeli sull’Huffington Post. «‘Bibi’ che torna al centro della scena calzando l’elmetto e facendo alzare le quotazioni di un ‘governo di crisi’ con il suo rivale Benny Gantz». Indicativo quanto dice ad HuffPost Yuval Steinitz, uno dei ministri del Likud vicini a Netanyahu. «Gantz ha approvato l’eliminazione del capo della Jihad ma la battaglia per sconfiggere i nostri nemici non sarà di breve durata e Israele ha oggi bisogno di un governo che unisca». Guai giudiziari del premier dimenticati.
«Improbabile che si arrivi subito a un cessate il fuoco» dicono da Gaza, anche se escludono la possibilità di una guerra aperta. Jihad islami che spara i razzi di vendetta, «ma senza la partecipazione di tutte le altre fazioni armate e soprattutto di Hamas». Hamas da mesi impegnato in trattative indirette con Israele per una tregua di lunga durata. «E non è passata inosservata l’assenza delle Brigate Al Qassam, l’ala militare di Hamas, dall’elenco delle organizzazioni armate che ieri hanno annunciato un’alleanza con le Brigate Saraya al Quds, il braccio armato del Jihad, contro Israele».
«È difficile credere che Netanyahu non avesse pensato ai risvolti politici di questa vicenda», dice all’HuffPost l’analista Michael Warshansky, «il premier ha dimostrato ancora una volta un eccezionale fiuto politico. In questo modo si sta garantendo un posto nel futuro esecutivo e uno scudo protettivo dalla probabile incriminazione per corruzione che lo attende nei prossimi mesi». A Gantz resta solo una settimana per formare il governo. «Pur di evitare le terze elezioni politiche in un anno, Gantz non può che ingoiare il boccone amaro: ha fatto di tutto per mettere fuori gioco Netanyahu e invece se lo ritroverà accanto e con il petto gonfio per l’eliminazione di Abu al Atta».
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