
Ansa – «La Turchia continuerà a espellere i foreign fighter dell’Isis anche se i Paesi d’origine non vogliono accettarli». Lo ha detto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, facendo riferimento al caso del primo jihadista allontanato ieri, ma non ammesso in Grecia. «Il terrorista americano di Daesh (ex Isis) rimasto bloccato nella zona cuscinetto al confine con la Grecia – ha sostenuto – non è un nostro problema, le espulsioni continueranno a prescindere».
«Alcuni Paesi sono entrati nel panico dopo che abbiamo cominciato il processo di rimpatrio dei terroristi stranieri di Daesh (Isis). La Turchia si è preoccupata di questo per anni, lasciamo che ora se ne preoccupino gli altri», ha dichiarato Erdogan all’aeroporto prima di partire per gli Usa, dove domani incontrerà alla Casa Bianca il presidente Donald Trump. Peccato si sia dimenticato del suo sostegno (passaggi soldi e armi) agli allora jihadisti anti Assad.
Diversi Paesi europei hanno privato della cittadinanza i jihadisti che sono andati a combattere in Siria e Iraq, rendendo controverso sul piano giuridico il loro rinvio nel Paese d’origine. Nelle prigioni turche ci sono 1.201 foreign fighter del Califfato, mentre almeno altri 287, in gran parte stranieri, sono stati catturati nel nord della Siria dall’inizio dell’offensiva turca contro le milizie curde il 9 ottobre scorso che li avevano detenuti sino ad allora.
I primi foreign fighter dello Stato Islamico espulsi dalla sarebbero un tedesco e uno statunitense, anche se non è affatto chiaro dove siano stati trasferiti. Sappiamo dell’americano non accettato in patria e bloccato in quella sorta di terra di nessuno al confine fra Turchia e Grecia. Lettura politica maliziosa ma diffusa, «Erdogan vuole ancora soldi», oltre i miliardi Ue per i tre milioni di profughi siriani stipati in terribili campi profughi.
«Erdogan ha convissuto e collaborato per anni con lo stato islamico. La Turchia ha acquistato da loro il petrolio che rubavano, è diventata un hub di arrivo per migliaia di foreign fighters, ha fatto passare centinaia di camion contenenti armi per i jihadisti agevolandone il passaggio, mentre i magistrati turchi che hanno scoperto questo traffico sono finiti in carcere, perché hanno rivelato gli affari sporchi cui era dedito uno dei figli del sultano di Ankara», riassume Stefano Piazza, esperto di sicurezza e terrorismo.
I paesi europei hanno deciso di togliere passaporti e cittadinanza ai cosiddetti ‘binazionali’ ma è ‘scarica barile’. Chi li processa, sulla base di quali prove, chi li condanna e chi li imprigiona? Tribunale internazionale? Il futuro del mai. Oppure ‘liberi tutti’ e terroristi in cerca di futuro? Al momento più Erdogan in cerca di soldi dall’Unione Europea, anche per ‘distrarre’ da cosa sta facendo contro i curdi.
In Siria, decine di foreign fighetrs ex Isis, sarebbero entrati nei gruppi jihadisti filo-turchi: almeno 50 i casi documentati, denuncia il Manifesto. Va anche detto, sostiene Chiara Cruciati, che l’obiettivo turco di rimpatriare i miliziani stranieri ex Isis non è campato in aria. «Iraq docet, verrebbe da dire, visto che Baghdad da mesi porta avanti processi affatto equi contro miliziani e loro familiari, soprattutto donne, condannati in cinque minuti alla pena capitale. Alle autorità irachene alcuni governo, in primis quello francese, hanno promesso denaro sonante pur di tenerseli».
Situazione diversa in Siria dove i bombardamenti turchi hanno provocato l’evasione di centinaia di miliziani e loro familiari da Ain Issa. Peggio, secondo fonti dell’amministrazione Usa a Foreign Policy, le milizie islamiste alleate della Turchia avrebbero deliberatamente liberato prigionieri dell’Isis dalle carceri curde. «Secondo l’Amministrazione autonoma del Rojava 785 affiliati all’Isis sono scappati -spiega il Rojava Information Center-. Tra questi belgi e francesi».