Signor Giuseppe Conte, ci spiega, di grazia, cosa ci stiamo a fare ancora in Irak o in quel calderone ribollente che è ormai diventata la gran parte del Medio Oriente? Che cambiali dobbiamo pagare? E non ci venga a ripetere della “esportazione della democrazia” o della educazione forzata di informi masse di nativi al verbo occidentale. Perché a questa scusa, tra il patetico e il menzognero, non crede più nessuno.
Signor Primo ministro, si legga i dossier di tutti i servizi segreti occidentali, anche dei più scalcagnati (e non sono certo i nostri) su quello che sta succedendo nel Medio Oriente. Ormai è una partita di poker, dove è destinato a vincere il più cinico e dove la democrazia e la libertà c’entrano come i cavoli a merenda.
Signor Giuseppe Conte, laggiù ci si ammazza per il petrolio, per il gas, per il controllo di aree di influenza che interessano esclusivamente le grandi potenze e le medie potenze di quell’area. La questione curda, lo scontro mortale tra sunniti e sciiti sollevato dalla dalle Primavere arabe, il secolare conflitto arabo-israeliano, il controllo dello Stretto di Hormuz nel Golfo Persico e di quello di Bab el Mandeb nel Mar Rosso. E potremmo parlare ancora delle aspirazioni egemonistiche turche, del ruolo dell’Iran e della spartizione dei pani e dei pesci nella Siria martirizzata.
Là sono tutti in fila ad aspettare alla cassa i dividendi di un intervento dove l’etica e la morale se le sono messe tutti sotto i piedi. A cominciare dagli Stati Uniti e dalla Russia e proseguendo con gli ex biechi colonizzatori (e decolonizzatori) francesi e inglesi. Che ancora osano impartire lezioni di democrazia e di bon-ton diplomatico dopo avere fatto carne di porco nei tre quarti del globo terracqueo.
Signor Giuseppe Conte, che ci stanno a fare (e a morire) ancora i nostri soldati in Medio Oriente? Ce lo spieghi. O se la faccia spiegare lei prima di spiegarlo a noi. Ma non certo dal suo attuale Ministro degli Esteri.