
Clima, dagli Usa la notifica formale all’Onu per il ritiro dall’accordo di Parigi. Conto alla rovescia di un anno prima che Washington possa effettivamente abbandonare l’accordo. Esattamente l0’panno di presidenza Trump che resta certo, con gli elettori degli Stati Uniti che potrebbero scegliere di difendere il clima non rieleggendo l’immobiliarista miliardario. Nell’annunciarlo al mondo, il segretario di Stato americano, Mike Pompeo spiega che “Il ritiro entrerà in vigore un anno dopo la notifica”. Vale a dire il 4 novembre 2020, il giorno dopo le prossime elezioni presidenziali negli Stati Uniti, in cui Donald Trump proverà a ottenere un secondo mandato dai cittadini americani. Forse una data del destino per la difesa del clima sul pianeta.
A rendere evidente l’isolamento internazionale Usa, persino in maggior concorrente al mondo in inquinamento, la Cina, si arrende all’accordo che Trump straccia. Il presidente francese in visita in Cina e Xi Jinping firmeranno domani un accordo che dovrebbe contemplare “l’irreversibilità” dell’accordo sul clima di Parigi. Il presidente Trump ha criticato l’Accordo di Parigi sin dalla campagna elettorale del 2016 e dopo l’insediamento alla Casa Bianca ha cancellato molte delle norme di carattere ambientalista promosse dall’Amministrazione Obama, sostenendo che erano penalizzanti per le aziende Usa.
Negli Stati uniti intanto, i sondaggi (per ciò che vale) parlano di un esito catastrofico per il presidente nella sfida con uno qualsiasi dei tre candidati democratici. Ma le elezioni sono tra un anno e l’iter dell’impeachment al senato è destinato a incagliarsi, osserva Guido Molteni. Trump a casa solo col voto. E se si votasse domani basta Trump e basta al Circo Casa Bianca attuale. Gli ultimi sondaggi parlano di un esito catastrofico per Donald Trump in una sfida presidenziale con uno qualsiasi dei tre candidati democratici, ma quel che forse è ancora più preoccupante per i repubblicani, è la perdita della loro attuale maggioranza nella camera alta. Con un effetto domino sul voto per il rinnovo della camera, dove l’attuale maggioranza democratica uscirebbe rafforzata, e sulle elezioni per i governatori e per i parlamenti statali.