In India non si respira letteralmente più, e una commissione della Corte Suprema ha imposto diverse restrizioni a New Delhi, compresa la distribuzione di 5 milioni di mascherine nelle scuole della capitale indiana, che rimarranno chiuse fino alla settimana prossima. Le autorità costrette a dichiarare una vera e propria emergenza sanitaria a causa dei livelli tossici dell’aria che hanno superato di ben venti volte quelli stabiliti dall’Organizzazione mondiale della sanità.
Vietati tutti i fuochi artificiali usati per le tradizionali festività del Diwali, una celebrazione indù nota come “Festa delle luci”. Il cielo si illumina di giochi pirotecnici che vanno a moltiplicate le polveri micidiali nell’aria. Già nei due anni scorsi si era tentato di porre un freno a questa usanza ma senza successo. Da lunedì prossimo la città introdurrà anche un regime temporaneo di circolazione con targhe alterne.
Che la situazione sia particolarmente grave lo ammette lo stesso primo ministro Arvind Kejriwal che ha descritto Delhi come di «una gigantesca camera a gas». Colpevole principale il PM2.5, noto come “particolato”. Questa polvere praticamente invisibile è in grado di penetrare in profondità nei polmoni. In questi giorni gli indiani hanno inalato 533 microgrammi per metro cubo mentre sempre l’Oms raccomanda di non superare i 25 nell’arco di una giornata.
Lo scenario che mostra Nuova Delhi ricoperta da una spessa coltre biancastra, è stato immortalato da migliaia di foto e filmati che hanno invaso le pattaforme social. Su Twitter gli hastag #DelhiAirQuality e #FightAgainstDelhiPollition spopolano. Ha fatto sensazione la cappa di smog nero che ha avvolto il palazzo presidenziale proprio mentre era in corso la visita della cancelliera tedesca Angela Merkel che ha fatto finta di non accorgersene.
Silenzio diplomatico ma contemporanea protesta degli abitanti che monta di giorno in giorno. Le testimonianze raccolte sono esemplificative dell’incoscienza mostrata fino ad ora e della sorpresa: «Non mi rendevo conto di quanto sarebbe stato grave» si vede dichiarare un residente ai media televisivi locali aggiungendo «vogliamo davvero che i nostri figli crescano in un ambiente simile? A nessuno importa davvero, nessuno vuole migliorare la situazione.»
Il realtà le ragioni di ciò che sta succedendo sono molto più complesse e riguardano le contraddizioni economiche indiane. La qualità dell’aria infatti peggiora di anno in anno (tra ottobre e novembre) a causa degli agricoltori dei vicini stati del Punjab e Haryana che bruciano le stoppie per ripulire i campi. Ma non ci sono solo gli incendi agricoli. Mancano regole mentre esistono veti contrapposti tra settori economici che impediscono di mettere un freno alle emissioni.
Gli agricoltori bruciano 23 milioni di tonnellate di residui su circa 80mila chilometri quadrati di terreni nel nord dell’India ogni inverno. Così si produce un fumo che è un cocktail letale di particolato, anidride carbonica, biossido di azoto e anidride solforosa. Utilizzando i dati satellitari, i ricercatori dell’Università di Harvard hanno stimato che quasi la metà dell’inquinamento atmosferico di Delhi tra il 2012 e il 2016 era stato provocato alla combustione delle stoppie.