
L’ISIS come noto non esiste più dal 2014 e cioè dal giorno in cui fu proclamato lo Stato Islamico (IS) e contestualmente il Califfato che per definizione, ha una natura “universale” e quindi incompatibile con i limiti territoriali insiti nelle due ultime lettere della sigla ISIS (Iraq e Sham-Levante intendendo per Sham l’area che noi normalmente chiamiamo Medio Oriente). Con l’eliminazione del Califfo al-Baghdadi e leader dell’IS ex ISIS si assiste in questi giorni ad una inflazione di articoli, commenti ed analisi aventi ad oggetto il Califfato ed il tema, senz’altro oggi rilevante, della sua successione quale califfo. È quindi necessario cercare di fare un po’ di chiarezza.
Di notevole utilità e chiarezza è la voce “Califfo” così come elaborata dal grande islamologo italiano Carlo Alfonso Nallino nel 1930, «Nome arabo (Khalifah) del sommo monarca dell’islamismo, l’insieme di tutti i paesi abitati da musulmani concepito come unità politica sottomessa ad un unico sovrano musulmano…». Nallino chiarisce quanto sia “del tutto errata” la credenza di far corrispondere la figura del califfo a quella del Papa. Diffusi fra i vari orientalisti, dubbi sulla legittimità del titolo califfale attribuito a gran parte di quelli che nella comune storiografia sono stati considerati califfi (Abbasidi a Baghdad, gli Omayyadi in Andalusia), e trova elementi di critica anche la legittimità del titolo califfale attribuito ai sultani ottomani.
Dopo questi casi appena accennati come esempio, si può concludere che gli unici ad aver ricoperto a pieno titolo, e quindi senza dubbi di legittimità, la funzione califfale sono solo i Primi Quattro Califfi Ben Guidati (Al-Khulafa al-rashiduun) avvicendatisi dopo la morte di Maometto. L’IS ex ISIS si ispira infatti proprio a quel modello califfale e non, come spesso si legge, al modello del ‘califfato ottomano’. Non a caso al-Baghdadi ha assunto l’alias Abu Bakr che è il nome del Primo dei Quattro Califfi Ben Guidati e tradizionalmente considerato il “miglior Califfo” della storia islamica.
Il termine Califfo ( in arabo Khalifa ) deriva dalla radice trilittera araba k,l,f ed implica l’idea di sostituzione, di vicariato. Il Califfo è dunque il sostituto del Profeta (Maometto, Messaggero di Allah ) alla guida della Comunità Musulmana.
Il principale significato del termine Califfo è dunque ‘sostituto’ o ‘vicario’ , l’origine del nome è coranica ma nel Corano non aveva significato politico, e assunse tale valenza solo con i Quattro Califfi Ben Guidati avvicendatisi, come già detto, dopo la morte di Maometto. La definizione teorica dell’istituzione califfale avvenne però solo molto tempo dopo, nell’XI secolo con l’iracheno Abu Hasan al-Mawardi ed è per molti aspetti ancora valida. La figura califfale venne abolita da Kemal Ataturk nel 1924. Tale abolizione fu vissuta come un vero dramma nella Comunità Musulmana e da allora vi sono state varie autorevoli spinte verso una ricostituzione di tale istituto da molti ritenuto un obbligo imprescindibile per la Comunità Musulmana.
Il califfato ha tre elementi caratteristici: riunisce attribuzioni politiche e religiose; è tenuto ad applicare il diritto musulmano in quanto sostituto del Profeta; quale “autorità generale su tutti i musulmani deve assicurare l’unità dell’Islam”. Pertanto secondo una certa dottrina ogni designazione che assicuri questi tre elementi, è legittima e regolare (al riguardo vanno però anche ricordate varie forti critiche ed accuse di illegittimità espresse da diversi ambienti musulmani all’autoproclamazione del califfato da parte dell’IS ex ISIS nel 2014).
Quali sono i requisiti per l’eleggibilità al califfato ? Nella dottrina prevalente sono: essere moralmente integro, sano nel corpo ed in particolare nei sensi, libero (non schiavo), uomo, esperto di scienze religiose, coraggioso e appartenere alla tribù dei Quraish (tribù del Profeta). Tale ultimo requisito, che successivamente verrà ritenuto non necessario da altri autori, ha più volte rappresentato un elemento critico nelle scelte dei califfi, lo stesso Abu Bakr al-Baghdadi, leader dell’IS ex ISIS, autoproclamatosi califfo nel 2014, ha aggiunto al proprio nome l’alias al-Quraish per indicare una sua pretesa discendenza (su cui sono state espresse perplessità da varie fonti) dalla tribù Quraish.
Il Califfo deve poi essere scelto dal suo predecessore o eletto da un gruppo di elettori selezionati ed in possesso di adeguate qualità morali e di conoscenze e giudizio. Fondamentale il comprendere l’importanza dell’unicità della figura califfale e quindi l’impossibilità di avere due califfi, cioè due autorità investite dei medesimi poteri, ciò anche sulla base dell’hadith di Maometto che recita “se due califfi ricevono il giuramento di fedeltà, uno dei due sia messo a morte”.
L’aspirazione e le spinte verso una ricostituzione del califfato sembravano aver perso vigore ed interesse fino alla fine del XX secolo, quando sono state riprese dal pensiero islamico-radicale negli anni Cinquanta, in particolare ad opera di Taqi al-Nabhani, palestinese, morto nel 1977, fondatore dell’Hizb ut-Tahrir (Partito della Libertà), che ha formulato una complessa proposta istituzionale sullo Stato Islamico e sul Califfato. Fino alla proclamazione a Califfo di Abu Bakr al-Baghdadi, leader dell’IS nel giugno 2014. Tale autoproclamazione è stata aspramente criticata da più parti nel mondo islamico ed anche da ambienti radicali, fra cui ricordiamo la famosa lettera di 120 imam ed ‘ulama ed altri documenti di forte critica da Ayman al-Zawahiri, attuale leader di al-Qa‘ida.
L’autoproclamazione a Califfo del leader dell’IS al-Baghdadi insieme alla proclamazione dello Stato Islamico, è stato un evento epocale la cui portata forse non è stata ancora ben recepita dalle analisi occidentali. Da ricordare che negli ultimi anni si sono avuti vari Wilayat (province affiliate con atto di fedeltà bay’a al Califfo dell’IS ex ISIS ) in Africa subsahariana, Nord Africa, Medio Oriente, Caucaso, Asia Centrale fino all’Indonesia e Filippine. Ciò evidenzia un ruolo tutt’ altro che in decadenza e che, nonostante le sconfitte tattiche e le perdite di territori in Iraq e Siria, l’istituto e l’ideale califfale sono tutt’altro che sconfitti.
Una delle caratteristiche dell’idea di Califfato è di mantenere la nostalgia della potenza e della grandezza dell’islam insieme ad un ideale universalistico-panislamico che superi le divisioni territoriali ed etniche fra i Musulmani. Il Califfato come integrazione politica della Ummah (Comunità Musulmana Mondiale). Non a caso al-Baghdadi nel suo messaggio di proclamazione del Califfato e dello Stato Islamico del giugno 2014 si proponeva quale Califfo per “tutti i Musulmani ovunque si trovino” e quindi anche in Occidente , e ciò conferma quanto sia errato continuare a parlare del “Califfato dell’ISIS” cioè di un Califfato limitato al Medio Oriente.
Ciò fa intendere anche la forte valenza identitaria e mobilitante dell’idea di Califfato, valenza abilmente sfruttata dall’IS es ISIS e di come quindi la successione ad al- Baghdadi si ponga in termini di sostituzione califfale e quindi in termini ben più complessi della semplice sostituzione di un leader (come fu per la sostituzione di Usama Bin Laden per al -Qa’ida). Come avverrà tale sostituzione, con quali “contraccolpi” interni ed esterni, quali le evoluzioni interpretative del proprio ruolo da parte dell’eventuale futuro Califfo, quali i rischi “moltiplicatori” che tale nomina possa portare sulle varie gravi crisi che affliggono il Mondo Islamico è tutto da vedere….