
“Quando vi racconteranno le prossime baggianate sulla Guerra all’Isis, o sulla necessità mediatica di andare a bombardare qualche paese in giro per il mondo per esportare la democrazia, tenete a mente questo che vi sto per dire.
In nessun caso una guerra è stata fatta dall’Occidente per portare libertà o benessere o democrazia, ma sempre e solamente per l’interesse del Capitale e per il mantenimento geostrategico di un sistema che difenda il profitto di una piccola parte del mondo che sfrutta tutto il resto. Con le conseguenze, comunque, pagate in vite perdute da civili, uomini, donne, bambini sotto le bombe. Con milioni di esseri umani in fuga da luoghi devastati dalle guerre, schiavizzati dai dittatori fascisti fantocci, depredati dalle risorse e dalla possibilità di vivere nelle terre natie: i migranti che tanti ci spaventano insomma”.
Questo l’incipit di un pezzo scritto per Globalist nell’agosto del 2016, analizzando la questione turco-siriana, il patto stretto tra Erdogan e Putin e i primi sostanziali cedimenti sulla questione curda da parte della Casa Bianca. “…si è consumato il tradimento vero e palese di ogni ideale, di ogni residua credibilità del mondo occidentale”, scrivevo guardando in prospettiva, riflettendo sulle acrobazie del “cinico e paraculo Sultano turco, Erdogan, noto per i suoi metodi democratici, per la repressione nei confronti degli oppositori, per il sistema carcerario messo in piedi per cancellare ogni dissenso”.
Citando quel testo: “Per mantenere la Turchia nella Nato gli americani sono disposti a tutto. Anche a tradire gli unici che sul campo hanno combattuto davvero contro l’Isis, i curdi siriani nel Rojava, quelli iracheni e il Pkk turco.
Con l’Isis che attraversava senza ostacoli le frontiere turche e i profughi curdi che venivano ricacciati indietro? Vi ricordate la pagina epica dei combattenti di quella democrazia popolare curda che ha infiammato il nostro immaginario? Nel nome dell’interesse superiore, buttata via. Quando agli americani è servito far vedere che anche loro combattevano l’Isis hanno usato i curdi nei combattimenti come carne da macello. Quando hanno deciso che quella democrazia popolare, in cui le donne hanno ruoli dirigenti e le brigate sul campo si battono per la propria libertà e autodeterminazione, non serviva più. Meglio il fascista Erdogan. Quindi, rottamato ogni aiuto ai curdi. Niente più munizioni, niente più sostegno aereo. Arrivederci e grazie. Morite per la vostra patria in silenzio, tanto i media faranno finta di niente, pronti a mettere l’elmetto per la prossima guerra umanitaria, chirurgica, solidale, che esporta la democrazia in giro per il mondo in difesa dell’interesse del Sacro Dollaro. E voi lettori, zitti a piangere sulle vittime che vi mostreranno. Ignorando come avvengono le dinamiche belliche nel mondo”.
Ma quello che non è ancora scritto è l’esito di questa efferatezza. Davvero la trasformazione delle terre dei curdi in un campo di concentramento gigantesco può essere una soluzione che non genererà niente? Possibile che l’Europa imbalsamata resterà schiava del sultano turco, rinunciando per sempre a un ruolo politico? Possibile che la nuova spartizione del mondo, dopo la guerra di civiltà e la guerra al terrorismo islamico, non avrà conseguenze? La storia non ragiona sui tempi brevi della cronaca giornalistica, mette sul piatto gli effetti che durano nel tempo e che mutano le condizioni. Per ora ogni azione bellica ha prodotto peggioramenti internazionali, terrorismo, nuove schiavitù, nuovi razzismi e ferocia dilagante. Non basta il fiorellino semantico per edulcorare decenni di guerre per la democrazia, umanitarie, chirurgiche o chissà che: occorre ricordare sempre per che cosa combattono gli imperialismi. E da che cosa devono difendersi i popoli.