Los Angeles “is not for homeless”, la megalopoli californiana ricca e famosa decide di nascondere, non sapendola evitare, la miseria evidente di chi vive in strada senza un’abitazione. Una realtà di violenze tra il teppistico e il razzista che sta destando preoccupazione e che si è finalmente imposta almeno all’attenzione dei quotidiani statunitensi. Dato ormai accertato e preoccupante per tutta la città, l’aumento di violenze ed attacchi nei confronti dei diseredati che popolano i marciapiedi della città e la notte danno vita a veri e propri accampamenti di fortuna.
Incendi ed aggressioni, razzismo che sta colpendo anche chi cerca di aiutare quei senza tetto. Il caso più eclatante nelle cronache alla fine dell’estate, l’incendio divampato nel quartiere residenziale di Eagle Rock, tanto grande da costringere gli abitanti ad evacuare la zona. L’inchiesta della polizia ha stabilito che il rogo era di origine dolosa e si era sviluppato in un insediamento di homeless. Ad appiccare le fiamme due uomini, uno degli incendiari in cerca di strage, il figlio del presidente della camera di Commercio locale. Fortunatamente nessuno è rimasto ferito ma l’accusa è di tentato omicidio.
Il fenomeno degli attentati e delle aggressioni viene definito “vigilantismo”, sebbene già le statistiche esistenti mostrino che chi vive in strada ha molte più possibilità di rimanere vittima di violenze di vario tipo. Ora l’attenzione è concentrata contro gruppi che si organizzano via social per compiere i loro raid razzisti. E’ difficile capire l’entità numerica degli attacchi anche perché la polizia di Los Angeles (Lapd) ‘non possiede rilevazioni specifiche per questo tipo di reati’, scusa ridicola per occultare una vergogna.
Molto del poco noto è affidato a ciò che emerge dalle interviste, dalle inchieste o dalle denunce di fatti apparentemente non rilevanti in una città violenta come quella californiana, ed il quadro che ne emerge è univoco: vivere in una macchina o in strada sta diventando ancora più pericoloso della sua precarietà usuale. In realtà il cosiddetto “vigilantismo” assume anche forme direttamente non violente contro le persone.
Spesso minacce verbali o lancio di bidoni della spazzatura. In alcuni casi, un segnale acustico fortissimo in modo da non far dormire le persone in strada. Poi ci sono graffiti minacciosi, gomme tagliate delle automobili. Diversi appartenenti ad organizzazioni caritatevoli hanno riferito di essere stati intimiditi, con la minaccia che i loro indirizzi sarebbero stati pubblicati on line per offrirli alle ritorsioni di folli e vigilantes.
La situazione è accompagnata, se non provocata, dalle proposte politiche anti senzatetto delle autorità di Los Angeles. In discussione una bozza di legge municipale per limitare fortemente la possibilità di dormire all’aperto. Obbligando il tribunale federale a dichiarare incostituzionale punire o arrestare le persone che dormono per le strade quando non ci sono abbastanza alloggi o letti di accoglienza disponibili. L’Homeless Service Authority di Los Angeles ha calcolato che i senza fissa dimora sono almeno 60mila mentre i posti letto disponibili nei ricoveri non superano i 15mila.
I gruppi di ‘vigilantes’, suprematisti bianchi di ispirazione politica che noi definiremmo fascista, si organizzano soprattutto nella San Fernando Valley, molta parte della loro attività usa Facebook e Twitter come veicolo di “propaganda”, con siti come Ktownforall e Knock che ospitano discussioni su come dissuadere i senzatetto dal vivere nei loro quartieri, e quali le armi migliori da usare, ad esempio se pistole Airsoft, o candeggina Clorox. La democratica Faceblook non ha ancora cancellato questi siti platealmente violenti.
I due gruppi, “Crimebusters of West Hills e Woodland Hills” e “Homeless Transient Encampments of the West Valley” (quest’ultimo è passato recentemente alla clandestinità) sono stati fondati rispettivamente nel 2016 e 2017, ed ex poliziotti (forse segretamente anche parte di quelli in servizio) ne sono membri a tutti gli effetti. L’ufficiale capo del distretto di Woodland Hills, Sean Dinse, utilizza regolarmente i gruppi di vigilantes per reperire informazioni sugli accampamenti e per rintracciare specifici senzatetto.
Dinse, un sostenitore di questo metodo di polizia molto ‘trumpiano’, agisce secondo la filosofia del “Neighborhood Watch” e cioè la vigilanza da parte dei cittadini. Ma forse il motivo di una tale ostilità e spirito repressivo è da ricercare in una ragione ben più complessa e che riguarda le politiche di gestione economica di Los Angeles. Sempre più persone sono in grave crisi personale e a rischio di perdere la propria abitazione poiché gli affitti continuano a salire alle stelle. E la paura diviene un riflesso psicologico che si traduce nella persecuzione dei più deboli.