
Formato ‘Normandia’ o chiamalo come altro vuoi, purché siano esclusi gli Stati Uniti semina zizzania che già in Ucraina molto hanno dato. Ora la chiamano «Formula Steinmeier», cambio di nome agli incontri a Minsk tra le delegazioni diplomatiche russe e ucraine con la mediazione franco tedesca sugli accordi di pace finora disattesi per il Donbass. Percorso di pace a più fasi, da una lontana proposta, 2015, dall’allora ministro degli esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier. A piccoli passi verso una difficile pacificazione nazionale con la componente russofona della popolazione ucraina. «Prima dovrebbero esserci le elezioni a Lugansk e Donetsk sotto controllo Osce -spiega Yurii Colombo da Mosca- a cui seguirebbe una riforma costituzionale votata dalla Rada (il parlamento di Kiev) sull’autonomia delle due regioni, e infine l’eliminazione parziale delle sanzioni alla Russia».
Il presidente Zelensky, alla prese con una partita politica interna difficile dopo anni di nazionalismo esasperato, presenta la proposta all’opinione pubblica cercando di rassicurare i timori ragionevoli: «Non ci sarà alcun cedimento e non ci sarà alcuna amnistia per i combattenti delle repubbliche ribelli». «Cortina fumogena -sostiene Colombo-, per addolcire la pillola di una reintegrazione delle due regioni definita dallo stesso presidente un compromesso accettabile». Perché l’ex attore, ci viene spiegato, avrebbe già in testa una road map ultra accelerata verso la pace. Vertice Russia, Ucraina, Francia e Germania entro i primi di novembre, scambio di tutti i restanti prigionieri tra repubbliche popolari e Ucraina prima di Natale ed elezioni a Donetsk e Lugansk a inizio 2020.
«In occasione del 75esimo anniversario della fine della seconda guerra mondiale, quando Macron incontrerà Putin a Mosca -sempre Yurii Colombo sul Manifesto- l’alleviamento delle sanzioni e delle contro-sanzioni Kiev-Ue Mosca». In questo schema resterebbero esclusi proprio gli Usa che punterebbero tutto sulla fine degli esborsi militari a Kiev e il futuro business nel settore agro-alimentare col paese slavo. «Un via libera già concordato nei colloqui telefonici tra Putin e Trump che, notizia di ieri, il presidente russo non sarebbe contrario a pubblicare». I favori personali chiesti da Trump a Zelensky contro l’avversario politico Biden, fanno parte di un altro delicatissimo capitolo che l’Ucraina preferisce tenere lontano da se.
Contro ogni ipotesi di accorso con Mosca, tornano in piazza a Kiev i gruppi dell’estrema destra contro quella che definiscono una «capitolazione». Il leader del gruppo neofascista Nazkorps Andrey Biletsky, sulla sua pagina Facebook promette «una lotta perpetua contro la resa». L’accordo sulle autonomie come legittimazione delle ‘enclavi territoriali filo-russe’. «Zelensky ha tradito 16 mila ucraini che sono morti sul fronte e noi patrioti, e noi veterani dichiariamo una guerra senza quartiere contro questa disfatta fatta passare come pace» ha sostenuto Biletsky. Pravy Sektor, altra formazione di estrema destra, ha promesso di portare in piazza i suoi militanti sabato. Nel frattempo organizza dei picchetti davanti alla Rada, il parlamento ucraino, dove la discussione sulla fuoriuscita dalla guerra si è fatta immediatamente infuocata.
L’ex presidente Petro Poroshenko, costretto all’opposizione, ritiene che l’attuale governo ucraino non capisca le possibili conseguenze dell’adozione di un testo sull’attuazione della «formula Steinmeier». «Non formula di Steinmeier ma la formula russa…». Oppositrice all’accordo anche Yulia Timoshenko che promette barricate in parlamento quando l’accordo dovrà essere ratificato. Estremismi e interessi locali anche nei governi delle repubbliche autoproclamate di Lugansk e Donetsk. «Putin ha fatto capire che i loro sogni di secessione dovranno essere riposti nel cassetto ma i ‘ribelli’ stanno cercando ogni appiglio per frenare gli accordi di pace», sostiene Yurii Colombo. Con molto problemi reali da superare, esempio lo scambio di tutti i detenuti e l’amnistia per i combattenti condannati in contumacia.