
Proposte non negoziabili per andare verso il no deal scaricando la colpa sull’Unione europea e beffando il suo parlamento anche la lettura dei fati da parte di Atonello Guerrera, di Repubblica. «Johnson vuole il No Deal, cioè la pericolosa uscita dall’Ue senza accordo, a ogni costo e questa ultima provocazione potrebbe significare un tentativo per esasperare l’Ue e farsi così sbattere la porta in faccia, come lui preferirebbe. Perché un’offerta simile non potrà mai essere accettata da 27 Paesi dell’Ue all’unanimità e in così poco tempo».
L’ennesimo bluff del truffeldino Boris per trascinare il Paese al No Deal anche se c’è una legge delle opposizioni che lo obbligherebbe a chiedere un rinvio in caso di mancato accordo tra Londra e l’Ue. Ma chi si fida di lui è perduto (o è fesso), visto che a Downing Street stanno già cercando un quasiasi trucco per uscire il 31 e senza accordo. Vedremo presto se in Gran Bretagna vale ancora la legge o paga la furberia. Problema politioco istituzionale che rischia di asegnale il futuro del Regno Unito molto più della travagliata uscita dall’Unione europea.
Donald Sassoon, professore di storia europea al Queen Mary College, University of London, è lapidario. «A Londra la più grave crisi costituzionale e politica dal 1945». «Siamo in una di quelle situazioni descritte da Gramsci: in altre parole, se ne ignora la via d’uscita», dichiara in una intevista al Manifesto. Boris Johnson è a testa bassa contro il parlamento e radicalizza lo scontro. «Non ha scelta, è stato eletto da un paio di mesi, da allora ha collezionato solo sconfitte». «Volendo dare un’occhiata più generica a quello che sta succedendo in Gran Bretagna, è semplicemente la più grave crisi politica e costituzionale dal 1945. Ed è una crisi esemplare di quelle descritte da Antonio Gramsci: in altre parole, se ne ignora la via d’uscita».
Secondo il Telegraph, Johnson offrirebbe all’Europa un’Irlanda allineata al mercato unico anche fino al 2025 con un sistema di ‘doppio confine’, uno tra Gran Bretagna e Irlanda del Nord e uno tra quest’ultima e l’Irlanda, in modo da limitare al massimo i controlli alla frontiera. «Ma all’Ue molto probabilmente non basterà: perché, secondo i piani di Johnson, Belfast uscirebbe comunque dall’unione doganale europea insieme al resto del Regno Unito, tornerebbero comunque alcuni checkpoint tra Dublino e Belfast e il mercato unico europeo non sarebbe sufficientemente preservato». Questi e altri motivi al No certo dell’Irlanda a questa ‘offerta finale’ di Johnson. E le probabilità di una Brexit durissima sono sempre più alte.