
Scioglimento dei ghiacciai e innalzamento dei mari, gli effetti a catena dei mutamenti climatici saranno devastanti. Per l’Istituto scientifico intergovernativo dell’Onu ondate di calore ed eventi estremi aumenteranno
Non è a rischio solo il ghiacciaio Planpincieux sulle Grandes Jorasses, lungo il versante italiano del Monte Bianco. La fusione in corso non è un caso isolato, e c’è di peggio attorno. «Si prevede che tutti i ghiacciai più piccoli situati in Europa, in Africa orientale, nelle regioni tropicali delle Ande e in Indonesia perderanno oltre l’80 per cento della loro massa entro il 2100» spiega l’ultimo rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change delle Nazioni Unite, diffuso ieri.
Di quel rapporto del terrore, ultimo avvertimento prima delle vere catastrofi, ne fa una bella sintesi Luca Martinelli sul Manifesto. Per capirci, la riduzione delle superfici ricoperte dal ghiaccio in alta montagna, inciderà negativamente sulla disponibilità d’acqua, fatto che modificherà radicalmente la vita di coloro che abitano «queste regioni, ma anche le comunità a valle» ha specificato, Panmao Zhai, copresidente del primo gruppo di lavoro dell’Ipcc, quello che si occupa delle scienze fisiche. Non solo Courmayeur e il ghiacciaio Planpincieux sulle Grandes Jorasses, per intenderci, ma i principali effetti negativi riguarderanno l’agricoltura e la produzione di energia idroelettrica, e tante per ora inimmaginabili attività inter connesse.
Secondo il Climate Change delle Nazioni Unite, «la perdita globale dei ghiacciai, la fusione del permafrost e il declino nella copertura della neve e nella estensione dei ghiacci artici sono destinati a continuare, a causa dell’aumento della temperatura dell’aria in superficie, con inevitabili conseguenze legate allo straripamento dei fiumi. La grandezza di questi cambiamenti della criosfera è destinata a aumentare ulteriormente nella seconda metà del ventunesimo secolo».
Contemporaneamente gli oceani vedranno un aumento senza precedenti della temperature, acqua più acide, meno ossigeno, ondate di calore, piogge e cicloni più frequenti e devastanti, aumento del livello delle acque, diminuzione degli animali marini. E la ‘fusione in corso’ è destinata a continuare nel periodo 2031-2050. Ma attenzione, peggio che di ciò che minaccia lo scioglimento dei ghiacciai, le trasformazioni climatiche che coinvolgono gli oceani interessano aree che ospitano attualmente 1,4 miliardi di persone. Dunque, a rischi diretto e relativamente ravvicinato, dicono gli scienziati, la maggior parte delle popolazioni che vivono o in alta montagna o nelle aree costiere e nei piccoli Stati insulari.
Nel corso del Ventesimo secolo, il 1900, l’innalzamento del livello del mare su scala globale ha registrato una media di 15 centimetri, nel periodo successivo il ritmo (neppure 20 anni del nuovo secolo) è più che duplicato, arrivando a 3,6 millimetri all’anno, e il tasso di crescita non accenna a fermarsi. «In questo contesto, le ondate di calore marine ed eventi estremi come El Niño e La Niña sono destinati a diventare più frequenti. In molte zone, in particolare nelle Regioni tropicali, eventi legati al livello del mare che erano storicamente rari (se ne misuravano uno al secolo nel passato) sono destinati ad avvenire più di frequente (almeno una volta all’anno) entro il 2050».
Alimentazione per tante popolazioni. Quanto raccontato sopra provocherà anche -secondo l’Ipcc-, «una diminuzione nella biomassa globale degli animali marini, nella loro produzione e nel potenziale di pesca, e un cambiamento nella composizione delle specie». Già nel nostro Mediterraneo si pescano pesci tropicali e scompaiono specie autoctone che il processo sta accelerando, segnalano allarmati molti biologi marini.
Considerazione finale più politica che scientifica e ambedue assieme. «Tante persone possono considerare molto distante dal proprio quotidiano il mare aperto, l’Artico, l’Antartide e le zone di alta montagna, ma non considerano che ognuno di noi dipende da queste regioni, che incidono direttamente o indirettamente sulle nostre vite in forma molto diverse, ad esempio in tutto ciò che riguarda la metereologia e il clima, l’alimentazione e l’acqua, il commercio, i trasporti, le attività turistiche, la salute e il benessere, la cultura e l’identità», ha commentato Hoesung Lee, presidente dell’Ipcc.
Unica risposta possibile, una riduzione delle emissioni di gas ‘climalteranti’, e da subito, oggi. Che che ne dicano Trump o Bolsonaro e tutti i negazionisti del pianeta a visione politica brave, misurata sul percorso del loro potere, e chi verrà dopo si arrangi.
A rischio il ghiacciaio Planpincieux sulle Grandes Jorasses, lungo il versante italiano del Monte Bianco: edifici evacuati a Courmayeur. Si tratta di una massa enorme pari a circa 250 mila metri cubi. Il sindaco di Courmayeur ha firmato una ordinanza di chiusura delle strade e di evacuazione di alcuni edifici nelle zone più a rischio: «La caduta interessa il fondo valle antropizzato. Cambiamento dovuto ai fattori climatici». Le strutture tecniche della Regione e della Fondazione Montagna sicura infatti nelle scorse ore hanno segnalato di aver registrato una notevole accelerazione del movimento del ghiacciaio sulle Grandes Jorasses che ha raggiunto ormai la velocità di 50-60 centimetri al giorno. Il report ha fatta scattare subito le misure di emergenza in tutta l’area con chiusura di strade, evacuazioni e interdizione di percorsi di montagna.