
La Serbia, fornitrice privilegiata di armi di produzione nazionale e ‘balcaniche’ di più ampia e nascosta provenienza, nel campo di battaglia yemenita. Lo denuncia il sito investigativo Bellingcat in una inchiesta realizzata da Eric Woods e rilanciata su Analisi Difesa da Luca Susic. L’Arabia Saudita avrebbe acquistato da Belgrado fucili d’assalto ‘Zastava M05’ (e molto altro) e li avrebbe a sua volta girati alle Forze di Supporto Rapido Sudanesi e all’Esercito Sudanese, schierate sul confine saudita-yemenita (altro segreto svelato). Il problema non è tanto o solo della Serbia che ha venduto ad uno Stato sovrano, ma della bugia saudita che aveva assicurato -come imposto dalla legge sello Stato venditore- che ‘il materiale d’armamento’ sarebbe stato impiegato unicamente da eserciti regolari e non girato a terzi. Bugia e classica ‘triangolazione’, un po’ come i droni e i missili che hanno colpito tanto duramente gli impianti petroliferi sauditi: fatti da chi, comprati da chi, usati da chi?
Sappiamo dei fucili d’assalto ‘Zastava M05’ e, per chi ha memoria di cose balcaniche, viene da sorridere pensando alle bombe Usa-Nato sulla Zastava di Kragujevac, ‘bandiera’ dell’allora Milosevic, con un po’ di kalashnikov prodotti accanto alle auto oggi targate Fiat. Così gira il mondo. Allora si bombardava, oggi si fanno affari, anche americani, a quanto sembra. Ma procediamo con ordine. La Serbia negli ultimi anni ha concluso diversi importanti contratti con le Monarchie del Golfo per la vendita di materiale d’armamento -spia il sito investigativo Bellingcat- «Materiale d’armamento, anche originario delle repubbliche vicine (Bosnia, Croazia, Ungheria) ma fatto transitare sempre attraverso società serbe». E non solo fucili d’assalto. «Sia gli Emirati Arabi che l’Arabia Saudita a partire dal 2014 hanno acquistato lanciarazzi multipli, lanciarazzi, razzi d’artiglieria, mitragliatrici pesanti, fucili d’assalto e fucili anti-materiale per equipaggiare non i reparti nazionali ma bensì unità combattenti alleate nel conflitto yememita». https://www.bellingcat.com/news/2019/08/28/saudi-arabia-murky-european-weapons-transfers-to-janjaweed-successor-group/
Stando al Registro ONU delle Armi Convenzionali (UNROCA) -ci affidiamo alla cronaca di Luca Susic- nel 2017 Riyadh ha comprato in Serbia 50 veicoli da combattimento di tipo imprecisato, 50 sistemi d’artiglieria di grosso calibro (probabilmente lanciarazzi campali da 122 millimetri) 16.000 fucili d’assalto, 800 mitragliatrici, 50 mitragliatori pesanti e 260 mortai da 81 millimetri M-69BK. Nello stesso periodo le forze emiratine hanno ricevuto 26 lanciarazzi campali da 122 millimetri con 4mila razzi Grad e Grad 2000, 7 lanciatori campali multipli da 128 millimetri M63, 340 mortai da 82 mm M69A e 350 mortai leggeri di calibro inferiore (probabilmente M57 da 60 millimetri) e 10.000 missili, razzi e lanciatori anticarro. Ma non basta. Sentite cosa ha rivelato il portale Balkanska Bezbednosna Mreža, che ha dedicato ampio spazio al tema dell’export balcanico verso il Golfo e cosa ha scoperto una valorosa giornalista bulgara.
Dilyana Gaytandzhieva, giornalista investigativa bulgara sul sito Arms Watch, con tre lunghi articoli in questa prima metà di settembre svela nel dettaglio i rapporti tra Serbia, USA, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita che, stando alle sue fonti, hanno portato Washington, Riyadh e Abu Dhabi a servirsi delle aziende controllate da Belgrado per rifornire i combattenti anti-Houthi, tra i quali vi sarebbero anche gli appartenenti allo Stato Islamico. Ripetiamo per chi si fosse distratto: anche gli Usa comprano da Belgrado, denuncia la nostra valorosa collega. E tutto inoppugnabile, visto che lo scoop della Gaytandzhieva parte da documenti fuoriusciti dalla Krušik di Valjevo, nota fabbrica di armi, con e-mail, memo interni, contratti, foto, documenti di spedizione e documenti di mediatori e funzionari governativi. Questo, assieme alle fotografie e ai filmati pubblicati dalla propaganda dall’ISIS, che danno ulteriori conferme. http://armswatch.com/us-task-force-smoking-gun-smuggles-weapons-to-syria-serbia-files-part-2/
Sempre la giornalista bulgara ha scoperto che alcune bombe da mortaio da 81mm teoricamente vendute nel 2018 dalla Yugoimport (azienda pubblica serba del settore Difesa) alla statunitense Alliant Techsystems per essere impiegate dall’Esercito Afghano, sarebbero invece finite nelle mani dello Stato Islamico in Yemen. Più complessa e delicata risulta essere invece la vicenda dei colpi da mortaio da 81 mm esportati in Arabia Saudita dalla GIM, una società con sede a Belgrado il cui rappresentante è il padre di Nebojsa Stefanovic, vice-premier e Ministro degli Interni serbo. Ripetiamo da Bellingat, che gli acquisti sarebbero avvenuti previa assicurazione che il materiale d’armamento sarebbe stato impiegato unicamente da eserciti regolari (saudita, afghano, emiratino, etc.) e non girato a terzi. ‘Singolarmente’ (fa finta di stupirsi Susic), ‘queste accuse non sono state riprese dai quotidiani in lingua serba’.
Dunque la stampa serba ‘distratta’ mentre quella Usa insiste (N1, media legato direttamente alla CNN), anche se poi ignora il supposto coinvolgimento degli Usa che invece a noi interessa molto. , Ma torniamo al Ministro Stefanovic che nega che la Serbia abbia esportato armi o equipaggiamenti in Yemen (nessuno lo ha mai detto, si parla infatti di ‘triangolazioni’) e accusa l’opposizione di voler danneggiare l’immagine del Paese. Politichetta. Va detto che subito dopo la pubblicazione di questa notizia il sito ‘colpevole’ e i tre articoli della collega bulgara irraggiungibili per attacco informatico. Speriamo bene per Remocontro. Gran finale: secondo la Gaytandzhieva gli Usa avrebbero acquistato negli anni diverse decine di migliaia di colpi da mortaio di vario calibro e 11 milioni di munizioni tramite la già citata Alliant Techsystems per 750 milioni di dollari. «Possibili destinatari di tali armamenti acquisiti da Washington sono probabilmente le milizie curde siriane inquadrate nelle Forze Democratiche Siriane appoggiate direttamente dalla Coalizione a guida statunitense».