Giappone folle, ‘Acqua radioattiva di Fukushima scaricata nel Pacifico’

Giappone follia, peggio delle balene

La società Tokyo Electric Power, che gestisce la centrale nucleare giapponese di Fukushima gravemente danneggiata dal sisma e dallo tsunami di marzo 2011, ha stoccato più di un milione di tonnellate di acqua contaminata, proveniente dai condotti di raffreddamento dei reattori e non ha più spazio per immagazzinarne altra. Ed ecco la ‘soluzione’ pensata dal ministro dell’ambiente del Giappone, tale Yoshiaki Harada: rilasciare le acque radioattive nell’Oceano Pacifico. «L’unica soluzione è quella di versarla in mare e diluirla», ha sostenuto il ministro durante un briefing informativo a Tokyo. «Il governo ne discuterà, ma vorrei offrire la mia semplice opinione». Così quando i giapponesi si saranno mangiati anche l’ultima balena, per tutti solo pesce radioattivo.

Ministro matto e governo nei guai

Il governo è in attesa di un rapporto degli esperti prima di decidere, ma già il suo portavoce precisa che i commenti di Harada sono “la sua personale opinione”. Tepco, la superazienda dalle centrali fragili, dovrà seguire le istruzioni governative. A rendere radioattiva l’acqua, utilizzata per raffreddare i reattori danneggiati della centrale di Fukushima (e che viene poi stoccata in grandi serbatoi costruiti accanto all’impianto), è il trizio, informabno le agenzia stampa. ‘Un isotopo a bassa radioattività’, provano a rassicurare. «La sua radiazione non riesce a penetrare la pelle umana, ma può essere dannoso se ingerito o inalato -dicono gli scienziati- Viene tuttavia considerato poco pericoloso per l’uomo, perché viene espulso rapidamente attraverso le urine e il sudore. Dimezza la sua carica radioattiva in 12 anni».

Allora, per tutti ‘pesce al Trizio’?

Dopo il disastro dell’11 marzo del 2011, il gestore dell’impianto Tepco di Fukushima ha costruito 960 serbatoi d’acciaio per stoccare l’acqua usata per raffreddare i tre reattori. 1,1 milioni di tonnellate d’acqua contaminata. Per il presidente dell’Autorità giapponese per il nucleare, Toyoshi Fuketa, scaricare l’acqua contaminata in mare sarebbe l’opzione più ragionevole e sicura. Una volta presa la decisione però, servirebbe un anno per preparare tutto l’impianto per lo sversamento. L’altra opzione sarebbe quella di costruire nuovi serbatoi. Per l’Autorità per il nucleare, nuovi depositi nel sito potrebbero saturarlo, e togliere spazio per lo stoccaggio dei materiali altamente radioattivi dopo lo smantellamento della centrale. Ma per i nuovi depositi servono i terreni privati circostanti, privi ormai di valore dopo il disastro.

Il vuoto attorno a Fukushima

Namie, una città costiera a quattro chilometri da Fukushima, quasi deserta dopo il disastro del 2011, in una cronaca su Internazionale. I primi segni di vita stanno tornando a Namie solo adesso, sei anni dopo. In origine i residenti di Namie erano 21.500, ma solo poche centinaia progettano di tornare nelle loro case. A partire da novembre è stato permesso ad alcune persone di passare la notte in città. Ad appena quattro chilometri di distanza dallo stabilimento nucleare, Namie è stata la prima città a essere bonificata per il ritorno dei residenti. Ma le radiazioni hanno contaminato molte aree che non saranno mai più abitabili. “I giovani non torneranno”, dice un ex abitante di Namie”. Il livello di radiazioni a Namie è di 0,07 microsievert per ora, simile al resto del Giappone. Ma nella vicina città di Tomioka, un dosimetro segna 1,48 microsieverts per ora, trenta volte quella segnalata nel centro di Tokyo che non è certo la megalopoli meno inquinata del mondo.

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