
Inciampo pericoloso e non trappola politica, anche se in molti godono. La società petrolifera russa e i contatti con il leghista Savoini. Chi è D’Amico, il consigliere di Salvini.
I collegamenti con l’azienda Rosneft Oil Company sulla sospetta compravendita di petrolio che avrebbe dovuto creare una presunta «stecca» da 65 milioni di euro per la Lega di Matteo Salvini. Il colosso energetico russo legato a doppio filo con Vladimir Putin è citato in un dossier della Guardia di finanza che risale al lontano 2012, tempi di inimmaginabile partecipazione governativa del partito via via sempre più destreggiante di Salvini. Nel rapporto sono annotati finanziamenti e operazioni finanziare sospette, non troppo diverse da quelle fatte con la compagnia petrolifera statale venezuelana PDVSA, al presunto scopo di aggirare le sanzioni Usa nei confronti del Venezuela del presidente Nicolas Maduro.
Fin qui, alta politica energetica, e sanzioni ai cattivi di convenienza da parte di ‘buoni’ per pre-potenza. Ma sembra che proprio lì attorno, o cose molto molto simili, stia andando ad inciampare l’inchiesta della Procura di Milano, sul presunto finanziamento alla Lega. Ne scrive Ivan Cimmarusti sul Sole24ore che, editore Confindustria, ha poca dimestichezza con le notizie azzardate. Segnali di nuovo spunti, a partire dal dossier, che di fatto ricostruisce in parte finanziamenti non direttamente collegati all’inchiesta milanese, ma che aprono scenari tutti da verificare. E molto complicata quindi anche nel racconto.
Scopriamo che nel registro degli indagati della procura di Milano figurano Gianluca Savoini, leghista legato a personalmente a Salvini, l’avvocato Gianluca Meranda e l’ex bancario Francesco Vannucci. I tre indagati italiani, il 18 ottobre scorso incontrano tre interlucutori russi, a loro volta politicamente molto schierati e ‘vicini’ ideologicamente. Due i nomi noti: Andrej Yurkevich Kaharchenko e Ilya Yakuin, entrambi legati ad Aleksadr Dugin, ideologo del partito di Putin Russia Unita. Tra i sei (uno ufficialmente ancora ignoto), si parla di una partita petrolifera: 3 milioni di tonnellate di diesel da consegnare in 6 mesi o un anno. Un’operazione che doveva creare una ‘plusvalenza’ da 65 milioni di euro, ossigeno in valuta pregiata e conto estero per la Lega.
Secondo i documenti l’operazione sarebbe stata gestita ovviamente attraverso l’azienda di stato russa Rosneft Oil Company. «Non è escluso -eufemismo investigativo giudiziario- che la società sia utilizzata dalla politica russa per gestire interessi e influenze su paesi esteri». Come accade da sempre e come fanno tutti i colossi energetici -ma questo lo afferma Remocontro- abituati a manovrare barili di petrolio assieme a montagne di soldi per ‘facilitare’ le loro attività complesse e trasversali. Il ruolo di presunto di Savoini. Gli investigatori non escludono che Savoini abbia compiuto molte mediazioni tra imprese italiane e la Russia, incassando commissioni per questo lavoro. Ma fin qui nulla di apparentemente illecito.
Altra musica se simili mediazioni non scambiamo solo prodotti tra aziende, ma favori politici compensati come parte delle commissioni pagate tra imprese italiane e la Russia. «Gli investigatori, infatti, non escludono che Savoini abbia compiuto operazioni simili, e si dovrà capire se queste commissioni siano finite, in parte, anche alla Lega», precisa Cimmarusti. Collega meticoloso e molto bene informato. L’attività di mediazione -Lega o non Lega- sarebbe stata compiuta attraverso la società Orion, registrata in Russia. Nel board risulta, assieme a Savoini, anche Claudio D’Amico, consigliere di politica estera dello stesso Salvini.
Con il coinvolgimento di Claudio D’Amico, ruolo politico ufficiale non smentibile, la casualità inizia ad essere davvero eccessiva. Torniamo al nostro Ivan Cimmarusti. «I rapporti di Savoini con l’oligarca russo Konstantin Malofeev sono stati già illustrati. Tuttavia è proprio attraverso questi che l’ex portavoce di Salvini è riuscito a entrare in connessione con importanti ambienti politici». Malofeev è un influente imprenditore legatissimo al presidente Vladimir Putin e al politologo «anti-europeo» Aleksandr Dugin che -tra l’altro- ha sponsorizzato il ‘World Congress of Family’ del marzo scorso a Verona.
Dunque Andrey Yuryevich Kharchenko e Ilya Andreevich Yakunin, due dei tre russi presenti all’hotel Metropol di Mosca il 18 ottobre 2018 insieme a Gianluca Savoini. Lo rivela il sito BuzzFeed e, secondo l’Ansa, lo conferma la procura di Milano. Nel frattempo, sarebbero stati già identificati tutti e tre i russi (il terzo uomo non sarebbe stato un semplice traduttore nell’incontro, come è stato scritto nelle scorse settimane) e, in particolare, Yakunin sarebbe stato un ‘veicolo’ di intermediazione nella presunta trattativa. Nell’ipotesi della Procura, la presunta compravendita doveva servire anche a far arrivare denaro ad uno o più funzionari pubblici russi. Da qui l’accusa di corruzione internazionale.
Il report della Finanza riguarda anche D’Amico. «14 prelevamenti in contanti, da gennaio 2011 a marzo 2012, per 110mila euro dal conto corrente del Gruppo Lega Nord Padania al Banco di Napoli, bonifici mensili di 8.460 euro dalla Camera dei Deputati per “saldo ricevute”». Le indagini riguardano l’associazione Lombardia-Russia e la «Orion, società con sede a Mosca creata come rappresentanza commerciale di aziende». La rete D’Amico-Savoini porta a Oleg Ossipov che ha gestito fino a due mesi fa la fondazione ‘Rossotrudnichstvo’. «Ossipov – scrive la Finanza – tra aprile 2015 e marzo 2016 ha movimentato 2 milioni 253mila euro. E dalla Russia 900mila euro sul suo conto, con 760mila in uscita per ‘pagamento stipendi’. Tanti o fortunati dipendenti.